FUMIAMOCI LA GHISA
Lo
scorso mese di ottobre 2015 dedicai un articoletto alle chiglie che si staccano
prendendomela sostanzialmente con le fibre aramidiche usate negli scafi da
competizione.
Tuttavia
citai all’ inizio il caso, anzi i casi, di barche da crociera che hanno perso
la chiglia per “ESPLOSIONE”, con conseguente capovolgimento e affondamento del
tutto, equipaggio compreso.
Poiché
la cosa sembra una favola ma purtroppo non lo è, mi rifaccio ad un articolo
letto casualmente su una rivista del settore che riportava i commenti del
collega Francesco Alberto Tamburrano che per anni ha curato l’ importazione di
barche a vela in Italia.
Nel
suo articolo l’ ing. Tamburrano citava due casi di esplosione della fusione in
ghisa della pinna di deriva di due barche da crociera, una nuova ancora da
varare e una invece purtroppo in navigazione.
Della
seconda tutto era andato a buon fine perché il proprietario (inglese, in
navigazione al largo della Toscana) aveva sentito improvvisamente “molle” il
rollio della barca e si era affrettato a raggiungere a motore il porto più
vicino; praticamente la disintegrazione aveva riguardato circa 2/3 dell’ intera
pinna e la totalità del bulbo inferiore.
Anche
nel primo caso tutto era andato a buon fine, in quanto la barca era ancora
sull’ invaso, ma la testimonianza del collega fa rabbrividire: i responsabili
del cantiere infatti imposero alle maestranze presenti il “silenzio totale
sull’ incidente”.
Non
ho dati sui due incidenti, né probabilmente la specializzazione necessaria per
trarre conclusioni, tuttavia posso dire che la ghisa non è certo un prodotto
della fusione che brilli per affidabilità…Vi sono molti studi accompagnati da
osservazioni microscopiche su quel che succede all’ interno delle ghise quando
siano sottoposte a cicli di lavoro a temperature elevate (per esempio nei collettori di scarico
dei motori) o a tensioni importanti (dove per tensioni leggi sollecitazioni).
Ebbene,
essendo le fusioni della ghisa caratterizzate da scarsissima omogeneità e
isotropia (al loro interno giacciono spesso cristalli e noduli dei più svariati
minerali e anche e soprattutto di grafite) ed essendo molto difficile produrre una solidificazione
(raffreddamento il più omogeneo e rapido possibile) dopo le colate negli stampi
che abbiano un volume importante (chiglie, derive, bulbi), gli stati di
tensione e le microfratture che si generano possono mandare in crisi il
prodotto.
Intendo
che si possono creare delle vere e proprie fratture e il prodotto si spacca.
Questo era un collettore di scarico in ghisa lungo e largo una ventina di cm con una fessura centrale lunga un paio di cm...
...dopo essere stato smontato si è aperto così, da solo e senza sollecitazioni esterne,
nel giro di un anno; e se fosse stato un pezzo di chiglia ?
Non
si tratta di una vera e propria “esplosione” come per la polvere da sparo (con
conseguente botto), ma di una disintegrazione lungo una “ferita” che si apre in
pochissimo tempo.
Bisogna
ricordare infatti che la ghisa ha un comportamento fragile e non
duttile…insomma si comporta più come il
vetro che come il filo di ferro…Ed è tutta colpa (o
merito) del solito carbonio !
Il carbonio,
comunque lo si consideri, è sempre un alleato difficile da
addomesticare e che quindi può creare problemi....
Ora
poiché i due casi, afferma l’ ing.Tamburrano, risalivano a una quindicina di
anni fa - e vale a dire proprio all’ entrata in vigore della normativa
comunitaria che impone la marcatura CE - una domanda sorge spontanea:
“Ma
tte piace mmagnà er sapone ?”
Vi
prego, affezionati lettori, abbiate un po’ di pazienza per le mie divagazioni a
volte surreali… Prendetele come il bello di questo sito !
Immaginiamo allora un
bel giardino pubblico, con i vialetti inghiaiati e le aiuole verdi macchiettate
da arbusti e bulbose fiorite.
Immaginiamo quindi un
imbecille che, ricco solo della smania di fumarsi una sigaretta, getti sul
vialetto un pacchetto finito di Marlboro (quello con la scritta “Imbecille, il
fumo ti uccide, lo sai vero?”) e continui con passo incerto fino al più vicino
tabaccaio per fare il nuovo rifornimento.
Bene.
Che cosa fa il Sindaco
di quel paese dopo che l’ “Operatore Ecologico Comunale” gli ha fatto presente
che non fa altro che raccogliere nel giardino pubblico pacchetti finiti di
sigarette ?
Il Sindaco mette
qualche cartello, cioè instaura una norma.
E quale sarà il
risultato di quella norma ?
Nessuno.
Non ci sarà alcun
risultato perché l’ imbecille continuerà a fare l’ imbecille e a gettare per
terra i pacchetti finiti.
Inutilità della norma.
Infatti chi rompe le
palle è sempre un imbecille, ma continua ad esserlo anche dopo che sa che una
qualsiasi autorità gli impone di non esserlo.
Allora al Sindaco non
resterebbe altro da fare che mettere un vigile alle calcagna dell’ imbecille
per multarlo ogni volta che costui buttasse a terra il pacchetto finito.
Un vigile per ogni
imbecille, perché essi vanno seguiti in ogni momento della loro vita.
Se un terzo del paese
fosse di imbecilli, occorrerebbe un altro terzo del paese di vigili.
Ovviamente come
reagirebbe il terzo degli abitanti rimanenti non appartenente agli imbecilli ?
Il terzo degli abitanti
del paese che non appartengono agli imbecilli dovrebbe pagare con le sue tasse
le spese dei cartelli e dei vigili per una cosa della quale non ha alcuna
responsabilità.
Morale: non conviene
essere non imbecilli.
Conviene essere
imbecilli.
Infatti ce ne sono
sempre di più.
Infatti andiamo sempre
più a rotoli.
Allora a che serve la
normativa comunitaria nel momento in cui il cantiere installa una pompa del wc
“marcata CE” ma il giorno dopo monta una pinna di deriva fusa in ghisa che è
stata raffreddata lentamente e pertanto è piena di tensioni interne fino a
creparsi alla prima sollecitazione ?
Nulla, non serve a
nulla.
Come i provvedimenti
del sindaco per non far gettare a terra i pacchetti di sigarette.
Perché non sono le
norme che aiutano ad essere onesti e capaci del proprio lavoro !
L’ onestà e la
professionalità sono qualità delle persone che, se ci sono, lo diventano anche per
le aziende, ma se non ci sono non saranno certo create dall’ esistenza di una
norma.
Hanno un bel dire i nostri
famigerati europarlamentari: “Dài, facciamo una serie di norme; internazionali;
molto complesse; con controlli rigorosi; inventiamo il controllo di qualità;
facciamo tanti corsi; a pagamento; incasiniamo la produttività; inventiamo la
modulistica dei processi produttivi; inventiamo gli ispettori; mettiamo le
marcature; e le targhette; e anche i timbri !”
Oops! E’ tutto inutile.
Tanto chi vuole
delinquere delinque lo stesso e chi vuole speculare specula lo stesso.
Infatti riporto di
seguito quanto ho già pubblicato in queste pagine nel lontano giugno 2009 a
proposito della marcatura CE:
“Non
so se avete letto con attenzione quanto più sopra riportato (so che è difficile
ma ne vale la pena) ma qualsiasi tipo di unità in qualsiasi categoria
di navigazione può essere marcata CE con il solo modulo H.
Quindi
significa che nessun ente né organismo notificato (RINA, Udicer, ecc…) è tenuto
a esaminare quella barca ma solamente a valutare il “sistema di qualità” dell’
azienda produttrice; la marcatura dell‘ unità cioè è affidata alla sola
autocertificazione del costruttore (come per il modulo A) che abbia però dotato
la sua azienda di “sistema di qualità”.
E
ancora: una unità in categoria C con una lunghezza tra 2,5 e
Chiaro, no?
Allora per noi
consumatori naviganti per diporto non c’è proprio speranza ?
Per quanto i nostri amatissimi
politicanti si diano da fare a inventare norme e capitolati disciplinari dovremo
sempre subire i guai causati da produttori disonesti ?
Dovremo continuare a
comperare barche nuove con la paura di andare a picco con tutta la nostra
famiglia ?
No, no.
Una soluzione c’è, ed è
semplicissima: basta comperare una barca usata, possibilmente prima del 2000, quando
cioè non era entrata in vigore la marcatura CE.
Ovviamente, se la barca
è ancora in ordine, significa che il controllo di qualità il cantiere l’ aveva
fatto comunque per conto suo e la garanzia è confermata da tutti gli anni in cui
la barca ha navigato.
Facile, no ?
Questo è il bordo
di entrata della pinna di deriva di una barca che si è
"strofinata" per bene sugli scogli. Si tratta di uno Zuanelli 34.
E' stata costruita prima dell' entrata in vigore della normativa CE e,
naturalmente, non ha subìto alcun danno all' attacco con il
guscio.
“Ma così - obietterà
qualcuno - consigliando di non comperare barche nuove mandi a spasso un sacco
di cantieri che le producono.”
Oh, non c’è pericolo !
Non ho dubbi che dopo
qualche mese la CE, sulla spinta dei soci azionari dei cantieri (quelli grossi,
degli altri non frega niente a nessuno) si sarà data da fare per “adeguare e
integrare le norme a beneficio della ulteriore sicurezza e qualità produttiva”.
Imporrà nuovi corsi di
aggiornamento e patentini di abilitazione ai produttori di fusioni di ghisa
normando ciò che si sa già sulla metallurgia da decine di anni (qualche
secolo), e mandando ispettori a “timbrare” le fusioni delle pinne di deriva…
Sono veramente stufo di questa robaccia che serve solo a far allungare i tempi di eventuali processi
Risultato: costi
aggiuntivi per tutti, ma senza alcun controllo di “onestà produttiva”.
Perché l’ “onestà
produttiva” non è normabile.
Vi faccio un esempio,
assolutamente reale.
Se avete bisogno di un
tavolino pieghevole da montare in pozzetto, preferite che sia fatto da una
ditta tedesca di Brema o da un artigiano italiano di Calatafimi (TP) ?
Io ho comperato dal più
grosso fornitore tedesco di accessori nautici (Technisches Wassersportzubehör)
che ha sede a Bremen un tavolino ripiegabile in bambù su guide in acciaio inox.
Il pacco mi è arrivato
regolarmente, ma senza bulloni per il fissaggio, mancante di una vite sulle
cerniere della parte ripiegabile e con le tacche di inserimento delle stesse
nel legno eseguite in modo asimmetrico e fuori misura.
La finitura garantita dalla certificazione CE a Bremen (D)
Manco
a dirlo dopo cinque o sei aperture-chiusure il lasco è diventato
intollerabile e ho dovuto eliminare le cerniere e rifarmi io il
tavolino.
Ovviamente il tutto non
è prodotto in Germania, come le centraline elettroniche e un sacco di altri
componenti di Mercedes, Audi, VolksWagen ecc che provengono dall’ Asia, ma la
ditta tedesca che commercializza questi technisches wassersportzubehör si rende
responsabile del prodotto attraverso il suo Sistema di Qualità.
Anzi, a spedizione
avvenuta ti invita pure a fornirgli il feed-back sul servizio reso (perché fa
parte del Sistema Qualità).
Lasciatemi dire: “Ma
cara stupida ditta tedesca, cosa vuoi che mi importi del tuo feed-back se mi
hai fatto capire benissimo che il pacco che ti è arrivato da Mindanao o da
Timisoara non l’ hai nemmeno aperto prima di inviarmelo”?
Ma di che cavolo di
Sistema di Qualità ti vanti !
Molto meglio se il
tavolino lo faccio fare da un artigiano di Calatafimi; ci metterà il quadruplo
del tempo, lo pagherò il doppio, ma avrà il grande vantaggio essere perfetto,
anche e soprattutto se non sarà marcato CE !
Tornando quindi al tema
iniziale l’ “onestà produttiva” che si traduce in “professionalità” non essendo
“normabile” deve essere costruita in altro modo.
Io ne conosco uno
soltanto in grado di dare risultati assolutamente certi: è l’ educazione al
rispetto per gli altri, che viene insegnata in famiglia ai figli attraverso
l’ esempio dei genitori.
E non importa se sono
genitori di Bremen o di Trapani.
Germania contro Trinacria.... Sicuri in un risultato scontato ?