Spesso mi capita di osservare la meraviglia con cui i proprietari di barche molto recenti commentino favorevolmente le prestazioni di barche più vecchie delle loro, o addirittura ne lodino le doti di comfort (anche se dovrebbe essere il contrario, dato che i progetti più nuovi si vantano di essere senz’ altro più confortevoli di quelli vecchi).
Anche qui, per suffragare ciò che sto scrivendo, devo rifarmi a qualche esempio.
Ciò non è successo perché io sono più bravo a portare le barche (salvo in qualche raro caso in cui ho superato velisti con le vele in stallo o con i carrelli di scotta fuori posizione o alquanto imbranati alle virate di boa) ma semplicemente perché queste due barche vanno bene, cioè sono fatte per navigare a vela.
Altre volte poi, dopo una notte di risacca all’ ormeggio, mi sono sentito dire da proprietari di barche molto più recenti e costose delle mie : “ma come mai la tua barca balla così poco e la mia quando è legata sembra un cavallo al galoppo ?”
Anche in questo caso il merito non è mio, ma delle barche che sono progettate per garantire un po’ di comfort.
Già, ma allora che cosa significa “barca che è fatta per navigare a vela” e “barca confortevole”?
Di questi argomenti mi sono già occupato un po’ qualche anno fa (vedi aprile 2006 – maggio 2006 – giugno 2006) e adesso vi ritornerò sopra seguendo il tema che abbiamo già visto i mesi scorsi, ovvero la distribuzione dei pesi a bordo.
Jp = somme di (mi x ri 2)
Abbiamo già parlato del momento di inerzia polare, ma riprenderemo qui il concetto con un esempio : il volano è un disco metallico dove la massa è distribuita il più possibile lontano dal perno di rotazione.
Qual è la caratteristica del volano?
Quella di richiedere un bel po’ di energia per metterlo in rotazione ma anche quella di riuscire a restituirla una volta che la nostra azione sia terminata.
Ebbene, un volano è un corpo che ha un elevato momento di inerzia polare.
Ovviamente un volano mantiene le medesime caratteristiche meccaniche (perché stiamo parlando di quella magnifica parte della Fisica che si chiama proprio Meccanica) non solo quando è messo in rotazione, ma anche quando è fatto oscillare avanti e dietro.
Immaginate infatti ora di afferrare un volano con le vostre due mani (come il volante di un’ auto) e di voler farlo girare prima un po’ a destra e poi un po’ a sinistra, farete molta fatica sia a metterlo in rotazione verso destra sia a fermarlo per poterlo ruotare verso sinistra, e così via.
Ma se invece la massa del volano fosse concentrata sul perno, ecco che la sua movimentazione sarebbe molto più agevole : si tratterebbe di un corpo che ha un basso momento di inerzia polare.
Bene, detto ciò diventa quasi ovvio il fatto che, quando una barca a vela viene progettata, tutte le sue parti contribuiscono al momento di inerzia polare, ogni elemento infatti dà il suo contributo con la sua massa e la sua distanza dal centro di rotazione (rotazione intesa nel senso prua-poppa, cioè beccheggio).
Poiché il Momento di inerzia polare è la somma di tutti i contributi di ciascuna massa per la distanza al quadrato rispetto al centro di rotazione, si capisce come sia importante avere i pesi concentrati vicino al centro, se si vuole ridurre le resistenze alle rotazioni.
Ma, come vedremo, non è sempre vero che un Momento di inerzia polare piccolo porti a dei buoni progetti (cioè a delle buone barche), perché lo scafo si muove nell’ acqua e le sue linee sono un parametro geometrico intimamente collegato con il Momento stesso.
Per capirlo, immaginiamo adesso due barche che abbiano le stesse forme dello scafo ma che abbiano diversi momenti di inerzia polari (per esempio una con i serbatoi di acqua e gasolio a prua e a poppa e l’ altra con gli stessi in centro barca).
Quando navigando troveranno onde beccheggeranno allo stesso modo ?
Certo che no.
Quella che ha i serbatoi posizionati in centro barca tenderà a seguire di più il moto ondoso rispetto all’ altra che invece cercherà di contrastare le oscillazioni prodotte dalle onde aumentando le resistenze all’ avanzamento: la prima beccheggerà molto più rapidamente ma sarà più veloce.
E se invece immaginassimo adesso due barche che avessero lo stesso momento di inerzia polare (cioè che opponessero la stessa resistenza al beccheggio) ma una con estremità snelle e una con estremità panciute ?
Quando entrambe si trovassero all’ ormeggio con onda di risacca beccheggerebbero allo stesso modo ?
Certo che no.
Quella che ha estremità snelle oscillerebbe molto meno dell’ altra, cioè sarebbe molto più confortevole per i tormentati sonni dell’ equipaggio.
Quindi la miscela tra momento di inerzia polare e linee d’ acqua dello scafo è determinante.
Più il momento di inerzia polare è contenuto e più le linee d’ acqua possono essere panciute.
Più il momento di inerzia polare è elevato e più le linee d’ acqua devono essere affilate.
Alla prima filosofia progettuale appartengono le barche da regata di oggi.
43° Barcolana - foto di Luciano Michielin
Alla seconda filosofia progettuale appartengono (o appartevano) le barche da regata di ieri.
43° Barcolana - foto di Luciano Michielin
Questo è un punto fondamentale, perché le cosiddette “barche da crociera” spesso cercano di somigliare a quelle da regata prendendone alcuni spunti ma poi, inesorabilmente, modificandoli.
Capite bene che se io compero una barca il cui progetto esce dai due schemi precedenti non posso pretendere né grandi prestazioni in navigazione né grande comfort all’ ormeggio.
Una barca con pesi distribuiti e linee d’ acqua panciute sarà un disastro se c’è onda e sarà molto peggio dell’ altro estremo, cioè di una barca che abbia pesi concentrati e line snelle.
E’ chiaro allora che se un progettista (o talvolta più spesso un cantiere) vuole produrre una barca “comoda internamente” deve per forza ampliare i volumi dello scafo, cioè formarla con la prua e soprattutto la poppa molto panciute; in tal modo la cabina amatoriale di prua sarà molto ampia e le cabine di poppa permetteranno di ospitare due coppie di persone.
Certo è che uno scafo di tali forme non può tollerare di avere per esempio il serbatoio dell’ acqua sotto il letto della cabina di prua, né i suoi ampi gavoni di poppa possono essere riempiti con ancore di rispetto, cassette di prosecco, taniche di riserva e lattine di birra e Coca Cola…
Insomma, di roba ce ne starà tanta ma le prestazioni a vela saranno molto più limitate.
Detto ciò esiste anche un altro parametro fondamentale che influenza in modo determinante sia la navigazione che il comportamento all’ ormeggio: il dislocamento, cioè il peso totale dell’ imbarcazione.
A parità di lunghezza, per esempio 12 metri, una barca a vela di oggi può dislocare quasi la metà di una barca di trent’ anni fa.
Riporto un grafico di come si siano ridotti nel corso degli anni i dislocamenti per lunghezze di 20, 15 e 12 metri dal 1650 ai giorni nostri.
Ovviamente un’ onda fa molta più fatica a sollevare e abbassare 10 tonnellate piuttosto che 6, così come una raffica di vento fa molta più fatica ad accelerare 10 tonnellate piuttosto che 6.
Insomma una barca con dislocamento elevato è più confortevole all’ ormeggio, tuttavia non si pensi che sia meno brillante nelle prestazioni in navigazione: se è vero infatti che accelera con più difficoltà, è anche vero che rallenta con più difficoltà…e ricordiamo che in mare c’è un continuo susseguirsi di variazioni di velocità sia per le onde che per il vento (e quindi anche per lo scafo).
DIGRESSIONE D’ OBBLIGO
C’è un vantaggio innegabile ad avere una barca leggera solo nel caso di andature portanti con vento forte, dove lo scafo non deve opporsi alle onde ma anzi ne viene da queste assecondato e anche al fatto che è sufficiente meno potenza motrice (vale a dire meno superficie velica) per muovere il tutto (cioè costi inferiori di acquisto e manutenzione perché l’ albero è più basso e le vele sono più piccole).
Riassumendo quindi tutto ciò che abbiamo esaminato, potremo stilare una tabellina che ci darà i seguenti ambiti-limiti-progettuali corretti :
TIPO A - pesi concentrati – volumi elevati a prua e poppa – ridotto dislocamento
TIPO B - pesi distribuiti – volumi ridotti a prua e poppa – elevato dislocamento
dove il tipo A garantirà grande abitabilità a bordo ma scarso comfort all’ ormeggio, mentre il tipo B garantirà grande comfort all’ ormeggio ma scarsa abitabilità a bordo.
Attenzione : entrambi navigheranno con buone prestazioni.
Naturalmente possiamo anche optare per soluzioni intermedie, che è ciò che fanno tutti i cantieri, ma le barche saranno via via sempre meno “pure” e le prestazioni ne soffriranno.
Esiste e esisterà nella storia dello yachting un progetto così ben calibrato da costituire una miscela quasi perfetta ?
Sì, esistono i progetti ben calibrati : sono le cosiddette barche “intramontabili”, così indovinate che riusciranno sempre ad abbinare buone prestazioni a vela e buon comfort a bordo, ma non vinceranno mai le ultime regate né potranno avere a bordo una cucina Salvarani a 8 fuochi con un frigo che possa ospitare le cosce di un Mammuth.
Saranno barche nelle quali l’ alchimia tra capacità del progettista e abilità del cantiere si sarà maggiormente avvicinata al compromesso che la fisica del mare e del vento ci impone da sempre; quel compromesso che ci farà navigare a mezzo nodo in meno di bolina rispetto all’ avversario più “esasperato” ma che ci farà dormire sonni più tranquilli in banchina.
Il Polaris 33 e soprattutto il Comet 12, secondo me, rappresentano bene questo compromesso.
Del resto ricordiamo che non si può avere tutto nella vita, anche se si è sfacciatamente ricchi.