SPESSORI
Mi ha riscritto Andrea Astori:
Buongiorno, spero voi tutto bene, in questi giorni sono in
Martinica per qualche lavoro in barca in secca, sperando ad aprile di poter
navigare fino a Gibilterra.
Nel cantiere dove sono c’è un catamarano, 52
piedi con uno squarcio imbarazzante… possibile che siano cosi sottili le
pareti?
Le invio delle foto…Potrebbe essere una
discussione per i mesi a venire?
Altro che!
Ringrazio Andrea e iniziamo la discussione
(che poi sarebbe un monologo).
All’ inizio era il Verbo e il Verbo era
presso Dio, e il verbo era Dio…Nel senso che la Natura da sempre ha ispirato l’
uomo e, come questi ha visto galleggiare un tronco, ha pensato di cavalcarlo e
farsi trasportare sull’ acqua.
Poi lo ha scavato all’ interno, scoprendo
che era più leggero e che ci poteva caricare, oltre che se stesso, anche la
famiglia, l’ asino e le patate.
Poi lo ha sagomato imitando le forme dei
pesci; lo ha segato, piallato, trattato e ne è venuta fuori quasi una barca.
Poi ha scoperto che esistevano anche le
onde e ha cercato di dargli le forme davanti e dietro più adatte per navigarci
in mezzo (grande progresso!... Nascita della prua e della poppa).
Poi ha cominciato a normare, a normare, ed
ha scoperto che poteva fabbricare le barche anche con altri materiali, sia
naturali che artificiali.
A questo punto, essendo già stato
inventato il denaro, ha pensato di fabbricarle spendendo il meno possibile per
guadagnarci il più possibile.
Così siamo arrivati più o meno ad oggi.
Ora mettendo insieme tutti questi fattori
mi sento di porre in risalto le seguenti considerazioni.
I Registri Navali impongono per le
imbarcazioni da diporto che lo scafo venga progettato e verificato in ogni sua
parte pe resistere ad una pressione esterna di circa 3 tonn/mq, equivalenti
circa ad un frangente di 3 metri che si abbatta su di esso.
Lo scafo è una struttura molto complessa,
fatto da una ossatura ed un fasciame, sia che esso venga costruito in legno,
che in acciaio, che in alluminio, che in composito (resina più fibra di
qualsiasi accidente di materiale sia fatta).
L’ ossatura è composta da chiglia, costolature,
madieri, paratie, correnti, bagli.
Il fasciame è il guscio collegato alla
coperta.
Poiché il guscio per sostenere la pressione
di cui sopra deve appoggiarsi (o incastrarsi) sulla ossatura, più si infittisce
questa più si può assottigliare quello.
E’ né più né meno l’ eterno dilemma di chi
voglia calcolare un solaio: lo faccio con tanti pilastri sottili e travi fitte
e basse, o con pochi pilatri grossi e travi rade e alte?
C’è poi da sottolineare che non è corretto
considerare il guscio come una trave appoggiata all’ ossatura (lo è un
po’ per gli scafi a fasciame tradizionale in legno che di fatto si appoggiano
alle costole), ma è più corretto considerarlo come una lastra appoggiata
(o incastrata) all’ ossatura lungo il suo contorno; è insomma più veritiero
modellarlo come lastra soggetta a flessione sul piano e non come trave soggetta
a sollecitazioni solo lungo una direzione.
Senza dimenticare poi che alcune parti di
esso (sto parlando sempre del guscio) sono convesse e quindi godono di una
resistenza ulteriore dovuta all’ “effetto arco”, come sanno benissimo fare le
uova.
Insomma uno scafo non è una struttura
proprio semplice da calcolare… Sempreché ne valga la pena!
In effetti nessuno sa a quale effettiva pressione o sollecitazione esso nella sua vita andrà soggetto; si tratta sempre di sole ipotesi, normate sì, ma pur sempre ipotesi.
Orbene, nelle foto inviate da Andrea e in quelle scattate da me si vede ciò che resta del guscio nel caso di un catamarano di 52 piedi e di un monoscafo di 34 costruiti in composito di fibra di vetro.
In entrambi i casi la sollecitazione non è
stata provocata da una onda anomala ma da un urto meccanico (propendo per un
abbordo nel caso del catamarano e di un “assaggio di scogli” nel caso del
monoscafo).
Le cose che mi colpiscono però non sono tanto
l’esiguità degli spessori ma le seguenti.
Per il catamarano:
è stato costruito in sandwich di vetroresina
e termanto (la schiuma verdastra);
molte fibre di vetro appaiono sfilacciate
e prive di resina, quindi incapaci di resistere ad una qualsiasi azione di
compressione;
pare che non ci sia per nulla la coesione
tra strati di vetroresina e termanto, così da vanificare completamente la
maggior inerzia alla flessione che la costruzione a sandwich avrebbe permesso;
è come insomma se tutto lo scafo fosse
delaminato;
geometricamente non esiste chiglia, così che
la flessione longitudinale sia affidata solo alla forma sottile a “V” profondo della
prua, con tutti i limiti di cui al punto precedente;
anche tra gli strati di vetroresina c’è delaminazione, per mancanza e/o carenza di resinatura.
Per il monoscafo:
le foto traggono in inganno perché le
fratture sono state levigate ed anche forate, probabilmente per “tenere insieme
i pezzi” dopo la collisione;
nonostante le sollecitazioni cui è andato incontro però è stato resinato bene.
Credo inoltre (valutazione ad occhio) che
tra la costruzione del monoscafo e quella del catamarano (più recente) siano
passati almeno 20 anni; e questa è una indicazione notevole.
Non si può generalizzare, tuttavia pare
proprio che si vada a costruire sempre peggio e che le barche di una volta
siano innegabilmente costruite meglio di quelle di oggi.
Mi permetto di dirlo non solo per aver
visto queste foto, ma per ciò che ho valutato durante le perizie in tutti
questi anni.
Al di là dell’ estetica e della
funzionalità nel progresso dei progetti, alla base credo ci sia sempre lo
stesso guaio e cioè l’ importanza che continuiamo a dare al dio denaro, sia
quando produciamo che quanto comperiamo.
Mi pare di assistere più o meno alla
storiella del signor Ciccio che voleva comperare una barca di 35 piedi quando scoprì
che con la stessa cifra presso un altro cantiere ne poteva comperare una di 37.
Tutto uguale, sia nell’ attrezzatura che
negli accessori, eppure 2 piedi in più “fanno la differenza”.
Infatti quella di 37 era costruita con uno
strato in meno di mat e resinata con 50 Kg in meno di resina, pur essendo più
grande.
Ovviamene queste cose non le vede nessuno,
sono tutte nascoste dalle vernici, ma hanno la loro importanza…
C’è poi anche un’ altra cosa che mi ha
colpito nel catamarano.
La costruzione a sandwich se ben eseguita consente
un grande risparmio di materiale strutturale perché, aumentando il momento di
inerzia delle sezioni, consente minori spessori alle estremità (interna ed
esterna).
INIZIO DELLA DIGRESSIONE
Se le parole “momento di inerzia”
spaventano, basta pensare al solito esempio del foglio di carta in orizzontale
che si piega anche solo per il proprio peso, ma se ripiegato a fisarmonica
diventa assai più rigido alla flessione e non si piega più.
FINE DELLA DIGRESSIONE
La costruzione a sandwich rende anche
inaffondabile lo scafo, consentendo una riduzione delle dotazioni di sicurezza.
La costruzione a sandwich si fa da anni
sulle coperte delle imbarcazioni, anche per una esigenza di coibentazione
termica.
Tutte belle cose…Ma il “ripieno” del
sandwich è di fatto una parte (facente parte delle strutture) che non è
visibile; risulta infatti nascosta dagli strati esterno ed interno e se per
qualche ragione (infiltrazioni o osmosi) si inumidisse o si bagnasse, non avrebbe
più modo di asciugare.
E’ come se in una trave a doppio T di una
costolatura di uno scafo in acciaio, io rendessi visibili le estremità ma non
visibile la sua anima….come potrei curarne la manutenzione e quindi l’
efficienza?
Infatti nelle barche che hanno non solo la
coperta ma anche lo scafo in sandwich può succedere - e ahimè succede - che, o
per osmosi o a causa di passascafi non ben sigillati, lo strato intermedio si
inzuppi di acqua e questo fatto sancisca la fine della barca, perché non si può
più fare nulla.
Mi è capitato, periziando, in un paio di
occasioni: ed è una gran brutta faccenda!
Insomma meglio qualche mm in più di
composito (ben resinato e strizzato da una manodopera che abbia lavorato con
perizia e pazienza) in un guscio tradizionale, che trovarsi con un guscio in sandwich
con qualche mm in meno di composito.
Ringrazio Andrea per avermi dato questo
spunto sul quale, come è giusto, non è detto che tutti siamo d’ accordo.
Ormai sono vecchio, di fisico e di mente,
e le mie limitatezze si fanno sempre più ampie soprattutto sulle visoni del
mondo.
Sono diventato un po’ come la mia barca,
alla quale ho dato il mio odore e della quale ho preso il suo.
E’ come se fossimo entrambi ancora soggetti alle oscillazioni di marea che si facessero sempre meno importanti, fino a tendere asintoticamente a un lieto equilibrio di pace…. una funzione tipo y = senx / x insomma...