NAVIGARE DISLOCANDO
Buongiorno
ing. Marco
Ho
scoperto oggi il suo sito web e mi sono dedicato ad alcune letture, diverse
considerando che non sono un velista ma un diportista a motore, planante e
incapace. Dico questo per sottolineare che non solo Lei parla di nautica e
navigazione ma riesce a farlo con autentico divertimento che si trasmette al
lettore felice di perdersi nelle sue parole.
Fatto
il dovuto, cioè i complimenti, decisamente meritati, vengo alla richiesta; ma
parlare di diporto dislocante? So che per un velista puro un brucia liquidi non
alletta, ma anche i poveri derelitti del consumo vorrebbero gioire.
Infine,
complimenti anche per le esposizioni politiche, si ridotte, ma che fanno capire
che si è capito. Oligarchia..... post-craxiani..... giustizia..... (differente
da magistratura che a mio parere è da temere e non poco).
Grazie
ancora e perdoni se le ho fatto perdere tempo.
Jacopo
Cioni
redazione@ilsovranista.it
skype: jakjak28061967@yahoo.it
www.ilsovranista.it
Preg.mo
Jacopo, grazie per i complimenti; sono cosa graditissima.
Sulla
politica non ho voglia di intromettermi più di quel che sporadicamente esprimo,
per il semplice fatto che pur essendo tema bellissimo lo reputo (purtroppo nel nostro bel paese)
alla stessa stregua di parlare di donne o di calcio al bar del quartiere.
Quelle
poche frasi che mi concedo in questo sito sulla politica non sono altro che lo
sfogo di un contribuente che ha pienamente preso consapevolezza del fatto che
questa nazione ha un solo principio-guida: quello di non cambiare assolutamente
nulla.
Del
resto il famoso boss don Ciccio Badachementi lo espresse chiaramente nelle sue
ultime parole prima di reclinare definitivamente il capo: “Ricorda figghio mio,
solo alle stagioni è ammesso di cambiare, ma senza fare troppo chiasso !”
Quindi sono andato a
vedere il sito del suo giornale “www.ilsovranista.it”; un giornale on-line che per il mio carattere definirei "impegnato" ma anche "fuori-dagli-schemi" dato che
non si parla di
giocatori di calcio né si vedono belle ragazze in minigonna che
dissertano sui
fatti della domenica e sulle previsioni del tempo....Cosa piuttosto rara, oggiogiorno.
Del
resto, ripensandoci, anche questo sito non segue questo andazzo....
Perciò, apprezzando molto il tema da lei proposto sulla
navigazione in regime di dislocamento, trovo più opportuno occuparmi di quest’ ultima.
…Ma
perché cari italiani qualunquisti, ignoranti, fannulloni, mantenuti, ipocriti,
viziati, puttanieri, clientelisti, corruttori, e qualche volta anche puramente
ladri non ve ne andate a fondo da soli senza trascinar con voi tutto il Paese ?
Una
penisola meravigliosa, un giardino perennemente fiorito, una delizia di
cibi e
di vini, un luogo di accoglienza e di pace, un empireo di cultura e di
storie
di fragranze di vita….
Ecco cosa potrebbe essere l’ Italia
senza di voi, un paese ricco di occupazione e di rispetto per tutti !
La
navigazione in regime di dislocamento è un argomento al quale ho dedicato
qualcosa all’ inizio di questa mia avventura nel web, più precisamente nei mesi
di Ottobre 2006, Novembre 2006 e Dicembre 2006.
E’
il tipo di navigazione che riguarda una enorme quantità di imbarcazioni e
natanti (mi azzardo a dire la quasi totalità) per i seguenti motivi:
E’
il tipo di navigazione che da anni pratica il Pilota, quando deve sostituirsi
al comandante della nave per farla atterrare o partire da un porto; egli non ha
fretta, ma deve poter uscire in mare e rientrare con condizioni anche
proibitive; il tipo di barca che adopera si chiama infatti “pilotina”.
E' anche il tipo di navigazione che da secoli si pratica a Venezia e
sui suoi canali, dove anche i mezzi capaci di planare (i taxi di legno,
quelli con lo speccho di poppa a piombo che ospitano solo chi è
in grado di fare le pubblicità al caffè o chi governa le
regioni), non possono
farlo per ovvi limiti di velocità.
Ciò
premesso, mi preme sottolineare per un attimo una seppur ovvia definizione: navigare
in regime di dislocamento significa che
“lo
scafo avanzando nell’ acqua ne sostituisce istante per istante il luogo,
appoggiandovisi sopra e spingendo sui fianchi così da far prendere all’ acqua
la sua stessa forma e lasciandola il più inalterata possibile dopo il suo
passaggio”.
Quest’
ultima precisazione è la più importante perché
è quella che fa dannare da anni
tutti i progettisti di scafi dislocanti (sia a vela che a motore):
lasciare il
più inalterata possibile l’ acqua dopo il passaggio dello
scafo è cosa oltremodo
difficile: è un po’ come se la protagonista di "La mia
Africa" insieme a Robert Redford sorvolasse a bassa quota con un aereo
a pistoni uno
stormo di fenicotteri che camminano su una palude e pretendesse
che nessuno di essi si alzasse in volo.
O
come pretendere che, dopo la svista dell’ arbitro su un fallo di fuori-gioco
che ha permesso la vittoria di campionato alla J contro il M, nessuna testata
sportiva il lunedì faccia commenti.
Questa
estrema difficoltà è dovuta alla formula
v
= 2.43 √ Lwl (con Lwl in m e v in Kn) di cui ho già ampiamente
parlato nel mese di ottobre 2006, o meglio al fatto che lo scafo crea un’ onda
man mano che si sposta nell’ acqua (esso infatti giace istante dopo istante tra due
creste, una di apertura a prua e una di chiusura a poppa) e che la distanza tra
queste due creste è sempre maggiore man mano che esso (scafo) aumenta la
velocità, fino a raggiungere la lunghezza stessa dello scafo.
Chiaro
che più è grande massa d’ acqua dell’ onda
che si forma più intensa è l’ energia
di cui lo scafo ha bisogno per mantenere quella velocità; e non
importa se
questa energia verrà fornita dall’ azione del vento sulle
vele o dalla
combustione del gasolio (o benzina) nelle camere di scoppio del motore...E'
energia che se ne va e basta.
Quindi
il progettista di uno scafo dislocante cercherà di inventarsi delle forme che,
a parità di lunghezza dello scafo e di velocità, creino meno onda possibile,
cioè che lascino l’ acqua il più inalterata possibile dopo il passaggio della
barca.
Come diceva Gianna Nannini: "Bello e impossibile", eh ?
A
questo punto occorre fare una distinzione consistente.
Poiché
le barche a vela (anche se poi va a finire che navigano per molto tempo a
motore) sono pensate per navigare col vento, i loro scafi dovranno avere forme
tali da sostenere e stabilizzare anche la spinta laterale sull’ alberatura,
quindi avranno forme alquanto asimmetriche.
Le
barche con propulsione meccanica, invece, potranno avere forme molto più
simmetriche, ma una certa larghezza sarà comunque necessaria per avere
abitabilità interna e garantire stabilità laterale.
Tralasciamo
ora di parlare degli scafi a vela, come richiesto da Jacopo, e vediamo alcune
caratteristiche degli scafi a dislocamento a motore, come la
Lwl
(lunghezza al galleggiamento)
B
(larghezza)
D
(dislocamento, cioè quanto la barca pesa all’ asciutto)
Mt
(momento di inerzia polare trasversale)
A
(abitabilità interna)
P
(potenza installata e consumi).
Mi
scuso per questa abitudine a mettere sigle e simboli (potevo farlo anche con le
lettere greche per fare più figo) ma la sostanza resta la stessa…è che sono
professionalmente deformato !
Lwl
- lunghezza al galleggiamento
E’
la caratteristica che definisce la velocità massima della barca: se per esempio
essa (la Lwl, non la barca che può essere un po’ più lunga) misura 9 metri,
poiché la radice quadrata di 9 è 3 la formula di cui sopra ci dà una velocità
massima di 7.3 nodi.
Ovviamente
il progettista cercherà di aumentarla riducendo gli slanci di prua e di poppa dello
scafo e piazzando a poppa una bella plancetta che allunghi il galleggiamento
quando si forma l’ onda (e che servirà anche da spiaggetta per i tuffi).
E’
ciò che fanno più o meno tutti.
B
- larghezza
Una
grandezza non tanto inquadrabile perché più larga faccio la barca e più spazio
ho disponibile all’ interno, ma più acqua sposto con le onde che formo
muovendomi e più vengo frenato se incontro onde di mare formato da prua;
è un bel dilemma, anche perché più largo faccio lo scafo più aumenta il Momento
di inerzia polare, ma di questo parleremo poi.
Devo
però qui inserire una precisazione: tutti siamo abituati a considerare la
larghezza pensando ad un monoscafo; la visione del fatto fisico della
formazione dell’ onda (e quindi della dissipazione dell’ energia) cambia
completamente se considero invece due scafi attaccati molto sottili, cioè se
considero un catamarano.
Le
motivazioni le ho già espresse verso la fine dell’ articolo del novembre 2006.
Quindi un catamarano a motore che navighi in regime di dislocamento sarebbe una
bellissima trovata per navigare comodi ed economizzando…Il problema è che
occorrono due motori invece che uno!
D
- dislocamento
A parità di Lwl, più
lo scafo è leggero meno sono ampie le onde che si generano (hanno meno altezza),
quindi minori sono i consumi di energia; ma è anche vero che se incontro onde di
mare formato da prua queste mi freneranno di più se ho uno scafo leggero e mi
faranno alzare e abbassare (cioè beccheggiare) con più facilità…quindi anche
qui il progettista deve fare una scelta di compromesso mettendo in relazione
peso e larghezza.
Mt
- momento di inerzia polare trasversale (calcolato cioè nel senso
dritta-sinistra e non nel senso prua-poppa).
Esso
si fa sentire quando si naviga (o si sta fermi) col moto ondoso al traverso; se
le masse sono lontane dal baricentro (alto Mt) lo scafo opporrà più resistenza
al rollio e il suo movimento sarà più dolce ma più continuo, e viceversa.
E’
bene però sottolineare che qualsiasi sia il valore di Mt, comunque potrà
succedere che la frequenza propria di oscillazione del rollio possa coincidere
con quella del moto ondoso (almeno una volta nella vita della barca succederà);
in questo caso la situazione potrà diventare insostenibile....
Se questo concetto non è chiaro, vale l' esempio dell' altalena:
il papà spinge sempre la figliola nel momento in cui essa sale,
così da farla salire ancor di più...e ancor di
più...e ancor di più.
Ecco
che allora sarà preferibile avere delle alette anti-rollio lungo lo scafo; questi
accessori, che provocano un bel po’ di attrito in più navigando in condizioni normali, non
esistono per le barche a vela dove il discorso è completamente diverso perché
esse sono dotate di albero ma soprattutto di pinna di deriva immersa.
A
- abitabilità interna
Non
c’è paragone tra un motoscafo a dislocamento e un motoscafo planante: a parità
di lunghezza l’ abitabilità è molto superiore in un motoscafo a dislocamento, proprio
perché le potenze richieste sono decisamente inferiori e la sala macchine è
incredibilmente più piccola.
P
- potenza installata e consumi
Che
bell’ argomento !
Mi
ci sono dedicato nell’ ottobre 2008 (articolo cui rimando chi sta leggendo in
questo momento, se non l’ ha già fatto).
Per
tornare all’ esempio di cui sopra, viaggiare a 7.3 nodi con una
Lwl di 9 m e
con un dislocamento di circa 4 tonnellate significa aver bisogno di una
quindicina
di CV (anche meno) per raggiungere quella velocità massima:
anche volendo
installare una riserva di potenza ulteriore, come per esempio un
propulsore di 30 CV, si avrà già un margine ampiamente
surdimensionato.
Il
consumo sarà di circa 15 x 0.17 = 2.5 l di gasolio ogni ora (vedi articolo di
ottobre 2008) e, dopo un’ ora, la barca avrà percorso poco più di 7 miglia.
Alle
quotazioni attuali e se tutto va bene (se non si è incontrato mare formato e
vento di prua), si sono spesi 2.5 x 1,6 = 4 Euro ogni ora.
Tralascio
il confronto con un motoscafo planante equipaggiato con un paio di motori da
240 CV…!
N
– Note conclusive di commento (dove dalle pilotine si passa a Petrolini...)
Contrariamente
ai motoscafi plananti, per i motoscafi a dislocamento (chiamiamoli pilotine) non
esistono una velocità massima e una velocità di crociera.
Praticamente,
data l’ esiguità dei consumi, conviene sfruttare sempre tutta la Lwl a
disposizione e quindi navigare sempre alla velocità limite dello scafo; né ha
senso montare un motore con potenza troppo esuberante.
Piuttosto
è da tener presente che siccome le velocità sono limitate (uno scafo dislocante con Lwl di
20 m non può superare comunque gli 11 nodi), è probabile che navigando si possa
incontrare brutto tempo come succede alle barche a vela, quindi occorre
attrezzarsi di conseguenza.
Intendo
dire che occorre valutare gli accessori e le forme presenti in coperta
(tientibene forti e comodi, passavanti riparati, tagliamare intorno al
pozzetto, tughe non troppo sporgenti) oltre che
gli accessori e gli arredi interni e le dotazioni di sicurezza.(*)
Oggi
c’è parecchia effervescenza nel settore della progettazione di queste barche:
la crisi economica ha aguzzato l’ ingegno e diversi cantieri vi ci stanno
dedicando.
Ho
visto un nuovo progetto di cui riporto le immagini, con le linee di scafo molto simili a quelle dei vecchi
Chris-Craft americani: prua molto stellata e fonda e linee di poppa molto
piatte e superficiali (come fossero due barche diverse giuntate insieme a metà,
insomma) e dotate di alette anti-rollio con parziale funzione anche di
sostentamento idrodinamico.
E'
stata battezzata carena Mytic: è una forma di
scafo esteticamente molto brutta ma molto più efficiente di
un tradizionale scafo plananate per rapporti (v / radice di L) copresi
tra 3.8 e 8.0 ...Cosa significa ? Che se lo scafo è lungo
10 m (9.70, togliendo un minimo di slancio di prua), il range della
velocità dove ho convenienza è compreso tra 12 e 25 nodi.
Poichè tali velocità sono comunque ben oltre gli 8 nodi,
è chiaro che il regime è già quello di
planata, infatti invece di avere installati due propulsori da 240 CV
queste barche possono limitarne la potenza a circa la metà, ma
comunque ancora ben superiore ai 30 CV di cui ho detto sopra.
Avranno successo ? Non lo so. Sono degli ibridi, come va un po' di moda
oggi: ritengo che possano essere graditi da coloro che vogliono
correre risparmiando qualcosa, ma non certo da quei naviganti a motore che
vogliono risparmiare molto: per questi esistono già le linee
tradizionali delle pilotine e dei gozzi.
Del
resto anche le famiglie oggi si possono fare con sessi ibridi, “bbasta à salute”…diceva
Nino Manfredi cantando Petrolini…
“Basta à salute e ‘mpàr de scarpe nove, e poi
girà tutto er monno.
E
m’ accompagno da me…!”
Anch’
io sono anni che m’ accompagno da me nella mini-avventura editoriale di
questo sito.
Tanto
che, avendoci guadagnato solo la vostra stima di affezionati lettori, anche a
me vien da cantare…
"…Tanto
ppè cantà, pecchè me sento ‘n friccico ner core…..”
(*)
Non voglio dire che se navigo su una pilotina devo avere particolare cura nello
scegliere dotazioni di sicurezza, mentre se navigo su uno scafo planante ne
sono esentato.
Voglio
dire che con un motoscafo planante di 10 m in due ore posso percorrere una
cinquantina di miglia ed essere già arrivato prima della burrasca, mentre con
una pilotina di 10 m in due ore posso percorrere solo 14 miglia e beccarmi la
burrasca….Mi trovo cioè nella stessa situazione della navigazione a vela (senza
avere tutti i fastidi delle numerose cordicelle di cui le barche a vela sono,
ahimè, dotate).(**)
(**)
Chiedo a tutti i velisti puri che stanno leggendo di tapparsi il naso, perché so che
parlare di “cordicelle” può dare molto fastidio….Ma considerino che le
corde non è che puzzino di più o di meno di cime, scotte, drizze, stroppi,
barber, volanti, cunningham, rinvii e regolazioni di fino…