ARTICOLI E CHIACCHIERE COSE TRA NOI
LUGLIO 2022

CONFIDO IN DIO

Ci sono delle cose che non solo non riesco a capire, ma che proprio non digerisco.

Non capisco per esempio perché un agente possa sanzionarmi se ho a bordo i salvagenti che funzionano perfettamente ma senza il timbro conforme all’ ultimo aggiornamento normativo, ma nessuna sanzione viene applicata alle barche da lavoro per pescare i molluschi in laguna che montano a poppa due motori da 300 CV: sono barche aperte lunghe circa 9 metri, rigorosamente dipinte di grigio modello G.d.F., e che devono al massimo raggiungere la velocità di 20 Km/h (circa 11 Kn) perché tale è il limite per le acque lagunari a Venezia.
Domanda: a che servono 600 CV per navigare al massimo a 11 Kn con una barca lunga 9 m in laguna (e mascherata in tinta G.d.F.)?
Non è che ci sia qualcosa o qualcuno da sanzionare?
Certo, la sanzione può essere elevata solo se viene contestata l’infrazione, cioè se la barca viene sorpresa a navigare oltre i 20 Km/h.
Ma resta tuttavia il sospetto che qualcosa non vada bene…, o no?


Io ho la fortuna di avere degli amici (qualcuno anche parente) che sono pescatori sportivi.
Tale definizione ha un significato solamente economico:
il pescatore sportivo è colui che spende molto di più del valore di quel che pesca;
il pescatore professionista è colui che pesca un valore molto più elevato (o almeno uguale) di quel che spende.
Ebbene, questi amici mi hanno parlato (ovviamente) del pesce catturato e lo hanno fatto ponendosi seduti, con le braccia sporte in avanti, a gomiti leggermente piegati e con le facce delle mani che si guardano tra loro; la distanza tra gli avambracci (e le mani) varia sempre ma è sempre almeno pari alla larghezza delle spalle…non è mai minore.
E’ la posizione classica del pescatore sportivo quando vi illustra le dimensioni di ciò che ha pescato; ovviamente tale distanza tende sempre ad aumentare, come il diagramma del debito pubblico.
A detta loro pare che i pesci siano sempre più smaliziati.

Un amico raccontava che navigando (in gita organizzata) sulla barriera corallina (ma non ha detto dove) fu sufficiente gettare un amo in acqua con un cucchiaino ruggine per lucci che subito vi si attaccò un tonnetto.
Una altro mio amico invece raccontava che dopo aver esaminato le lune, la marea, la pressione atmosferica, aver acquistato quanto di più sofisticato poteva mettere in commercio l’ industria giapponese delle esche artificiali, essersi procurato esche vive come calamaretti, vermi di Rimini, schie, anguelle, aver pasturato per ore con un accessorio brevettato di nome “Sardamatic”, aver provato a stazionare all’ ancora, aver provato a scarrocciare, aver provato a trainare a 4 nodi, a 3 nodi, a 2 nodi modificando via via le dimensioni dell’ esca, aver suonato con un flauto magico dallo specchio di poppa della barca la melodia di “Pugni chiusi” dei Ribelli (che voi tutti certo ricorderete per il pathos struggente), insomma dopo aver provveduto a tutto ciò e non aver preso nulla, si sia rassegnato a dire che i pesci dei nostri mari oggi non abbiano più stimoli perché troppo smaliziati.
Ne seguiva quindi una discussione sull’ enorme differenza tra l’ ambiente della barriera corallina e quello dei nostri mari (in particolare l’ alto Adriatico che tutti definiscono pescosissimo)…

A me pare che l’ aggettivo “smaliziato” abbia in realtà il significato di “affamato”: credo che se un pesce ha fame anche un grumo di stagnola avanzata da un Bacio Perugina possa spingerlo a mangiare, ma se è sazio puoi fargli danzare davanti filetti di calamaretti e tuorli di vongolette che tanto se ne andrà per la sua strada.
A qualsiasi essere vivente succede lo stesso (a meno che non sia un animale che deve prepararsi al letargo e che quindi deve far provvista per l’ inverno).
Domanda: siamo anche noi così?
Cioè siamo anche noi propensi a correre e a sacrificarci anche se abbiamo la pancia piena, oppure preferiamo crogiolarci il più possibile nel non far nulla?
E’ l’ eterno ciclo delle civiltà progredite che giungono invariabilmente alla loro involuzione e poi alla fine, come la storia ci insegna attraverso innumerevoli esempi, primo fra tutti l’ Impero Romano.

L’ esempio più eclatante è quel che succede oggi: la crisi (e la conseguente) fine della civiltà occidentale.
Ci siamo infatti così imbottiti in ogni settore di terziario, di uffici e di burocrazia che permettono di lavorare (!) per cinque giorni alla settimana usufruendo di ferie, ponti e ricorrenze festive laiche e religiose varie, che siamo letteralmente in crisi di produzione.
La produzione non ci appartiene più, a parte una molto parziale di vino, formaggi e verdura.
Compriamo già fatto, dimenticando che ciò non porta a ricchezza, ma a contrarre debito.
Infatti stiamo per venir surclassati da paesi dove invece si lavora e si produce sul serio (Cina), senza giornate di festa e senza orari ridotti non solo, ma dove anche si fanno figli, che moltiplicano le ore lavorative e quindi la ricchezza vera.
Perché solo il lavoro è ricchezza, non le ferie.
E’ un punto di vista cinico (certo non è per nulla spirituale) ma funziona.
Del resto se si vuole condurre una vita spirituale e acculturata occorre essere molto ricchi consumando il capitale, oppure fare gli asceti vivendo di aria: la letteratura è piena di esempi di poeti che potevano permettersi di esserlo perché i genitori li mantenevano.
In tutti gli altri casi bisogna lavorare e produrre per mangiare e far mangiare la famiglia.
Questo modus vivendi, a tutti ben noto, riguarda anche il nostro rapporto con le barche.
Qualcuno di noi ha mai pensato di tenere un diario dove indicare da una parte le ore passate a navigare, o pescare, o godere del tramonto e dall’ altra le ore passate a lavorare per la manutenzione della barca?
E se tale diario contabile è stato mai tenuto, come è andata a finire col bilancio?
Credo vivamente che il risultato sia “in rosso”, cioè che alla fine avere una barca non sia certo un buon affare, né finanziariamente, né gaudentemente.
Anche questo è una cosa che si sa (e mi dispiace sinceramente per tutti quelli che ancora credono il contrario).

Riporto ora un esempio eclatante di come la crisi (e la conseguente fine) della civiltà occidentale stia invadendo anche il mondo della nautica.

Noi tutti siamo schiavi ormai delle confezioni di prodotti alimentari sulle quali è stampata la data di scadenza.
Questa faccenda della data di scadenza è uno dei risultati della dannosa commistione tra sanità e politica della civiltà occidentale, che in nome degli interessi di pochi grava pesantemente sulla qualità della vita di tanti.
Non ho ben chiaro come e quando sia partita, né quale valore abbia la sua validità dal momento che più volte ho mangiato cibi contenuti in confezioni scadute e mai mi è successo alcunché.
Questo per il fatto che madre natura ci ha dotati del senso del gusto che è in grado di farci percepire immediatamente se un cibo è buono o meno e che difficilmente si lascia ingannare.
Questo anche per il fatto che da millenni abbiamo vissuto senza date di scadenza e anche senza confezioni iper-plasticose e non ci è mai successo nulla.
Veniamo all’ esempio che è il seguente (e si tratta di una storiella realmente accaduta):  immaginate di essere sotto lo scafo della vostra barca alata su invaso intenti a fare carena e immaginate che un vostro conoscente vi si avvicini, prudenzialmente bardato con tuta e mascherina, con in mano una cartuccia di silicone ancora vergine e vi dica:
“Ciao Marco, scusami se ti disturbo, secondo te posso adoperare questo silicone che scadrà tra qualche giorno?”
“Oh, parbleu!” - dice la vostra coscienza - “che questo dica sul serio o che mi voglia prendere per i fondelli?”
Ma la serietà del vostro interlocutore non lascia adito a dubbi: lui è veramente convinto che la vostra esperienza possa essergli di aiuto nel dirimere il suo dubbio: quel silicone andrà a male? La giunzione tra chiglia e scafo potrebbe soffrirne? Potrebbe sussistere il rischio di una lavanda gastrica alla chiglia? Il fatto che il silicone all’ interno della cartuccia possa leggere la data impressa all’ esterno della cartuccia stessa e quindi decidere di non essere più “buono” potrebbe provocare un attacco di diarrea agli strati di vetroresina adiacenti?

E’ come oggi, che le norme hanno bandito l’ uso della mascherina anticontagio-influenzale e ciononostante continuo ad incontrare gente che cammina o guida in auto da sola con la mascherina indossata.
E’ che l’ essenza della crisi (e la conseguente fine) della civiltà occidentale sta proprio in questo: nella continua legiferazione a oltranza che incute timori e insicurezze.
Alle sommi menti politiche che a livello europeo (e americano) ci governano non importa più produrre e lavorare, è sufficiente legiferare e incutere paure, così da spingere a fare in modo che cose superflue diventino indispensabili.
E’ la saturazione del mercato: se non si vendono più prodotti, basta legiferare per costringere a comprare anche ciò che non servirebbe (e continuare così a vendere prodotti).
Esempi ce ne sono moltissimi e tutti molto recenti.
A cominciare dalle automobili ai loro pluri-accessori, dal disinfettante per le mani alle mascherine, dalle etichette sui cibi ai rivestimenti inox dei piani di cucina…tutte cose delle quali abbiamo da sempre fatto a meno e che non ci hanno mai portato ad alcuna difficoltà di vita, anzi!
Non è che fino a qualche anno fa ci fossero più incidenti perchè le auto non avevano le telecamere.
Non è che fino a qualche anno fa ci fossero più contagi perchè non usavamo il disinfettante per pulirci le mani.
Non è che fino a qualche anno fa ci veniva una infezione intestinale perchè affettavamo il salame sul tagliere in legno invece che sul bancone inox.
Fino a qualche decennio fa la vita era di gran lunga più semplice.
Si pigliava il raffreddore l’ influenza e talvolta la polmonite, ma si andava al bar, in palestra (e soprattutto a scuola) lo stesso.
La febbre se ne andava stando a letto con qualche supposta per sudare e con qualche vitamina diluita nel thè bollente, senza bisogno di computer per consultare ogni due giorni gli aggiornamenti normativi per sapere se si può o non si può e che cosa si può fare e cosa non si può fare e chi si può incontrare e chi no (e addirittura venendone multati).
Si recuperavano le lezioni facendosi passare gli appunti da chi non si era ammalato.
La mamma raccomandava di lavarci le mani usando acqua e sapone, senza bisogno di presidi medico chirurgici etichettati e certificati.
Si navigava col salvagente senza bisogno di dotazioni di salvataggio dotate di omologazioni con relative date di scadenza e certificazioni rilasciate soltanto da enti riconosciuti dalla politica di turno in quel momento.
Se da anziani ci si ammalava gravemente era ancora possibile morire senza che i giornali ne parlassero, perché era un fatto normale.
Se da giovani si moriva facendo sport, i giornali giustamente ne parlavano perché era un fatto anormale.
Oggi è tutto artefatto, tutto forzatamente dato in pasto alla stampa o tenuto nascosto a seconda degli interessi finanziari.

Si confidava di più in Dio, perché si aveva fede in Lui e non nelle dicerie degli studiosi pagati dalla politica per essere continuamente in contraddizione tra loro e seminare solo paure.
Gesù toccava i ciechi, gli storpi, i lebbrosi, gli indemoniati, i morti… e li guariva o li riportava in vita: questi sono i Vangeli !
Oggi invece il Papa e i Vescovi seguono l’ etichetta di proibirci di scambiare la stretta di mano come segno di pace… 
Cara Chiesa, ma che lezione di fede dimostri ?
Ma dove stiamo andando?
Io ho deciso che almeno sulla mia barca non si metta la mascherina e ci si possa stringere la mano e addirittura abbracciare: denunciatemi pure, seguite la volontà di Pfaizer…
Io confido in Dio.

IL PROSSIMO MESE CHIUDERO' QUESTO SITO... MI SONO ACCORTO CHE HO SCRITTO TROPPO 

 

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