CONFIDO IN DIO
Ci sono delle cose che non solo non riesco a capire, ma che
proprio non digerisco.
Non capisco per esempio perché un agente
possa sanzionarmi se ho a bordo i salvagenti che funzionano perfettamente ma
senza il timbro conforme all’ ultimo aggiornamento normativo, ma nessuna
sanzione viene applicata alle barche da lavoro per pescare i molluschi in
laguna che montano a poppa due motori da 300 CV: sono barche aperte lunghe
circa 9 metri, rigorosamente dipinte di grigio modello G.d.F., e che devono al
massimo raggiungere la velocità di 20 Km/h (circa 11 Kn) perché tale è il limite per le acque
lagunari a Venezia.
Domanda: a che servono 600 CV per navigare
al massimo a 11 Kn con una barca lunga 9 m in laguna (e mascherata in tinta
G.d.F.)?
Non è che ci sia qualcosa o qualcuno da
sanzionare?
Certo, la sanzione può essere elevata solo
se viene contestata l’infrazione, cioè se la barca viene sorpresa a navigare
oltre i 20 Km/h.
Ma resta tuttavia il sospetto che qualcosa
non vada bene…, o no?
Io ho la fortuna di avere degli amici
(qualcuno anche parente) che sono pescatori sportivi.
Tale definizione ha un significato
solamente economico:
il pescatore sportivo è colui che spende
molto di più del valore di quel che pesca;
il pescatore professionista è colui che
pesca un valore molto più elevato (o almeno uguale) di quel che spende.
Ebbene, questi amici mi hanno parlato
(ovviamente) del pesce catturato e lo hanno fatto ponendosi seduti, con le
braccia sporte in avanti, a gomiti leggermente piegati e con le facce delle
mani che si guardano tra loro; la distanza tra gli avambracci (e le mani) varia
sempre ma è sempre almeno pari alla larghezza delle spalle…non è mai minore.
E’ la posizione classica del pescatore
sportivo quando vi illustra le dimensioni di ciò che ha pescato; ovviamente
tale distanza tende sempre ad aumentare, come il diagramma del debito pubblico.
A detta loro pare che i pesci siano sempre
più smaliziati.
Un amico raccontava che navigando (in gita
organizzata) sulla barriera corallina (ma non ha detto dove) fu sufficiente
gettare un amo in acqua con un cucchiaino ruggine per lucci che subito vi si
attaccò un tonnetto.
Una altro mio amico invece raccontava che
dopo aver esaminato le lune, la marea, la pressione atmosferica, aver
acquistato quanto di più sofisticato poteva mettere in commercio l’ industria
giapponese delle esche artificiali, essersi procurato esche vive come
calamaretti, vermi di Rimini, schie, anguelle, aver pasturato per ore con un
accessorio brevettato di nome “Sardamatic”, aver provato a stazionare all’
ancora, aver provato a scarrocciare, aver provato a trainare a 4 nodi, a 3
nodi, a 2 nodi modificando via via le dimensioni dell’ esca, aver suonato con
un flauto magico dallo specchio di poppa della barca la melodia di “Pugni
chiusi” dei Ribelli (che voi tutti certo ricorderete per il pathos struggente), insomma
dopo aver provveduto a tutto ciò e non aver preso nulla, si sia rassegnato a
dire che i pesci dei nostri mari oggi non abbiano più stimoli perché troppo
smaliziati.
Ne seguiva quindi una discussione sull’
enorme differenza tra l’ ambiente della barriera corallina e quello dei nostri
mari (in particolare l’ alto Adriatico che tutti definiscono pescosissimo)…
A me pare che l’ aggettivo “smaliziato”
abbia in realtà il significato di “affamato”: credo che se un pesce ha fame
anche un grumo di stagnola avanzata da un Bacio Perugina possa spingerlo a
mangiare, ma se è sazio puoi fargli danzare davanti filetti di calamaretti e
tuorli di vongolette che tanto se ne andrà per la sua strada.
A qualsiasi essere vivente succede lo
stesso (a meno che non sia un animale che deve prepararsi al letargo e che
quindi deve far provvista per l’ inverno).
Domanda: siamo anche noi così?
Cioè siamo anche noi propensi a correre e
a sacrificarci anche se abbiamo la pancia piena, oppure preferiamo crogiolarci
il più possibile nel non far nulla?
E’ l’ eterno ciclo delle civiltà
progredite che giungono invariabilmente alla loro involuzione e poi alla fine,
come la storia ci insegna attraverso innumerevoli esempi, primo fra tutti l’
Impero Romano.
L’ esempio più eclatante è quel che
succede oggi: la crisi (e la conseguente) fine della civiltà occidentale.
Ci siamo infatti così imbottiti in ogni
settore di terziario, di uffici e di burocrazia che permettono di lavorare (!) per
cinque giorni alla settimana usufruendo di ferie, ponti e ricorrenze festive
laiche e religiose varie, che siamo letteralmente in crisi di produzione.
La produzione non ci appartiene più, a parte una molto parziale di vino, formaggi e verdura.
Compriamo già fatto, dimenticando che ciò
non porta a ricchezza, ma a contrarre debito.
Infatti stiamo per venir surclassati da
paesi dove invece si lavora e si produce sul serio (Cina), senza giornate di
festa e senza orari ridotti non solo, ma dove anche si fanno figli, che
moltiplicano le ore lavorative e quindi la ricchezza vera.
Perché solo il lavoro è ricchezza, non le
ferie.
E’ un punto di vista cinico (certo non è per
nulla spirituale) ma funziona.
Del resto se si vuole condurre una vita
spirituale e acculturata occorre essere molto ricchi consumando il capitale,
oppure fare gli asceti vivendo di aria: la letteratura è piena di esempi di
poeti che potevano permettersi di esserlo perché i genitori li mantenevano.
In tutti gli altri casi bisogna lavorare e
produrre per mangiare e far mangiare la famiglia.
Questo modus vivendi, a tutti ben noto,
riguarda anche il nostro rapporto con le barche.
Qualcuno di noi ha mai pensato di tenere
un diario dove indicare da una parte le ore passate a navigare, o pescare, o
godere del tramonto e dall’ altra le ore passate a lavorare per la manutenzione
della barca?
E se tale diario contabile è stato mai
tenuto, come è andata a finire col bilancio?
Credo vivamente che il risultato sia “in
rosso”, cioè che alla fine avere una barca non sia certo un buon affare, né
finanziariamente, né gaudentemente.
Anche questo è una cosa che si sa (e mi
dispiace sinceramente per tutti quelli che ancora credono il contrario).
Riporto ora un esempio eclatante di come la crisi (e la conseguente fine) della civiltà occidentale stia invadendo anche il mondo della nautica.
Noi tutti siamo schiavi ormai delle
confezioni di prodotti alimentari sulle quali è stampata la data di scadenza.
Questa faccenda della data di scadenza è
uno dei risultati della dannosa commistione tra sanità e politica della civiltà
occidentale, che in nome degli interessi di pochi grava pesantemente sulla qualità della vita di tanti.
Non ho ben chiaro come e quando sia
partita, né quale valore abbia la sua validità dal momento che più volte ho
mangiato cibi contenuti in confezioni scadute e mai mi è successo alcunché.
Questo per il fatto che madre natura ci ha
dotati del senso del gusto che è in grado di farci percepire immediatamente se
un cibo è buono o meno e che difficilmente si lascia ingannare.
Questo anche per il fatto che da millenni
abbiamo vissuto senza date di scadenza e anche senza confezioni iper-plasticose
e non ci è mai successo nulla.
Veniamo all’ esempio che è il seguente (e
si tratta di una storiella realmente accaduta): immaginate di essere sotto lo scafo della
vostra barca alata su invaso intenti a fare carena e immaginate che un vostro
conoscente vi si avvicini, prudenzialmente bardato con tuta e mascherina, con
in mano una cartuccia di silicone ancora vergine e vi dica:
“Ciao Marco, scusami se ti disturbo,
secondo te posso adoperare questo silicone che scadrà tra qualche giorno?”
“Oh, parbleu!” - dice la vostra coscienza
- “che questo dica sul serio o che mi voglia prendere per i fondelli?”
Ma la serietà del vostro interlocutore non
lascia adito a dubbi: lui è veramente convinto che la vostra esperienza possa
essergli di aiuto nel dirimere il suo dubbio: quel silicone andrà a male? La
giunzione tra chiglia e scafo potrebbe soffrirne? Potrebbe sussistere il
rischio di una lavanda gastrica alla chiglia? Il fatto che il silicone all’
interno della cartuccia possa leggere la data impressa all’ esterno della
cartuccia stessa e quindi decidere di non essere più “buono” potrebbe provocare
un attacco di diarrea agli strati di vetroresina adiacenti?
E’ come oggi, che le norme hanno bandito
l’ uso della mascherina anticontagio-influenzale e ciononostante continuo ad
incontrare gente che cammina o guida in auto da sola con la mascherina
indossata.
E’ che l’ essenza della crisi (e la conseguente
fine) della civiltà occidentale sta proprio in questo: nella continua
legiferazione a oltranza che incute timori e insicurezze.
Alle sommi menti politiche che a livello
europeo (e americano) ci governano non importa più produrre e lavorare, è
sufficiente legiferare e incutere paure, così da spingere a fare in modo che
cose superflue diventino indispensabili.
E’ la saturazione del mercato: se non si
vendono più prodotti, basta legiferare per costringere a comprare anche ciò che
non servirebbe (e continuare così a vendere prodotti).
Esempi ce ne sono moltissimi e tutti molto
recenti.
A cominciare dalle automobili ai loro
pluri-accessori, dal disinfettante per le mani alle mascherine, dalle etichette sui
cibi ai rivestimenti inox dei piani di cucina…tutte cose delle quali abbiamo da
sempre fatto a meno e che non ci hanno mai portato ad alcuna difficoltà di
vita, anzi!
Non è che fino a qualche anno fa ci fossero più incidenti perchè le auto non avevano le telecamere.
Non è che fino a qualche anno fa ci fossero più contagi
perchè non usavamo il disinfettante per pulirci le mani.
Non è che fino a qualche anno fa ci veniva una
infezione intestinale perchè affettavamo il salame sul
tagliere in legno invece che sul bancone inox.
Fino a qualche decennio fa la vita era di
gran lunga più semplice.
Si pigliava il raffreddore l’ influenza e
talvolta la polmonite, ma si andava al bar, in palestra (e soprattutto a scuola)
lo stesso.
La febbre se ne andava stando a letto con
qualche supposta per sudare e con qualche vitamina diluita nel thè bollente, senza
bisogno di computer per consultare ogni due giorni gli aggiornamenti normativi
per sapere se si può o non si può e che cosa si può fare e cosa non si può fare
e chi si può incontrare e chi no (e addirittura venendone multati).
Si recuperavano le lezioni facendosi
passare gli appunti da chi non si era ammalato.
La mamma raccomandava di lavarci le mani
usando acqua e sapone, senza bisogno di presidi medico chirurgici etichettati e
certificati.
Si navigava col salvagente senza bisogno
di dotazioni di salvataggio dotate di omologazioni con relative date di
scadenza e certificazioni rilasciate soltanto da enti riconosciuti dalla politica
di turno in quel momento.
Se da anziani ci si ammalava gravemente era
ancora possibile morire senza che i giornali ne parlassero, perché era un fatto
normale.
Se da giovani si moriva facendo sport, i
giornali giustamente ne parlavano perché era un fatto anormale.
Oggi è tutto artefatto, tutto forzatamente
dato in pasto alla stampa o tenuto nascosto a seconda degli interessi
finanziari.
Si confidava di più in Dio, perché si aveva fede in Lui e non
nelle dicerie degli studiosi pagati dalla politica per essere continuamente in
contraddizione tra loro e seminare solo paure.
Gesù toccava i ciechi, gli storpi, i lebbrosi, gli
indemoniati, i morti… e li guariva o li riportava in vita: questi sono i
Vangeli !
Oggi invece il Papa e i Vescovi seguono l’ etichetta di
proibirci di scambiare la stretta di mano come segno di pace…
Cara Chiesa, ma che lezione di fede dimostri ?
Ma dove stiamo andando?
Io ho deciso che almeno sulla mia barca
non si metta la mascherina e ci si possa stringere la mano e addirittura abbracciare: denunciatemi pure, seguite
la volontà di Pfaizer…
Io confido in Dio.