I CINQUE
ERRORI
che non
si dovrebbero mai fare nell’
andar per mare per diporto
Anche
il tema di questo articolo mi è stato proposto da Sira Sylla, ed esso è già
stato pubblicato in http://ormeggionline.com/blog/
Non
so se esso possa avere un contenuto di qualche utilità (perlomeno non so se tale
utilità la possa avere per tutti i lettori) considerato che va ad elencare
alcune cose che definirei ovvie.
Tuttavia l’ ho scritto con l’ intento di fare
anche un po’ di umorismo, anche se non sono certo di esserci riuscito.
Detto
ciò, quello che io non farei mai prima di andare a spasso per mare è:
1 “Farmi la barca” senza aver fatto
provare a moglie e figli cosa significhi;
2 Comperare un cabinato vela da
crociera senza aver fatto pratica velica con una deriva;
3 Partire per la crociera con una
grande “tirata” il primo giorno;
4 Scegliere un cabinato a motore
planante per andare in crociera;
5 Non avere a bordo la girante di
ricambio.
Di errori andando a spasso per il mare (definizione
un po’ gretta ma efficace per definire la navigazione da diporto) se ne possono
fare una infinità; trattandosi di sceglierne cinque qualcuno si chiederà come
mai io non reputi tra gli errori più importanti la consultazione del meteo,
visto che prendersi il cattivo tempo in mare non è poi così piacevole.
Non c’è una ragione del tutto oggettiva, è
semplicemente una mia ingenua constatazione: il cattivo tempo in navigazione,
come all’ ormeggio, fa parte del gioco della crociera che, se parti, devi essere
pronto ad affrontare (compatibilmente col mare dove vai a navigare).
Temporali e trombe d’ aria con onde di 4-5
metri fanno parte dell’ Adriatico…Burrasche di maestrale e onde anche di 10
metri fanno parte del Tirreno…Uragani da 60 nodi di vento e onde di 30 metri
fanno parte dell’ Oceano Indiano…Quindi devi prepararti a questo.
A meno di una uscita fine-settimanale con
condizioni stabili, una crociera breve anche di una sola settimana può
contenere qualche sorpresa meteorologica, in particolare oggi che stiamo
assistendo alla tropicalizzazione delle medie latitudini per colpa degli
accordi di Kyoto sui quali, da bravi politici, nessuno si accorda.
Questa mia indifferenza non significa partire
senza aver consultato il meteo.….Vuol dire piuttosto preparare comunque barca
ed equipaggio al cattivo tempo.
Come fare?
Con la cultura e l’ esperienza: studiando i
testi (ce n’è una infinità) e vedendo di adattare la propria barca ai
suggerimenti di chi ha già navigato prima di noi (ed anche - perché no - cercando
una buona volta di accordarsi sugli accordi di Kyoto!).
Tornando ai cinque punti precedenti ritengo il
più grave di tutti il numero 1.
“Farsi la barca”, cioè procedere al suo
acquisto sia come nuova che come usata, in genere corrisponde ad una vera e
propria “svolta nella vita”.
E’ una decisione importante non solo economica
(in genere ciascuno sa dove può arrivare con i soldi perché, se non lo sa, è
meglio che si ritiri in un eremo) ma soprattutto esistenziale.
Diventare armatore significa accollarsi una
montagna di preoccupazioni già solo per il mantenimento della barca, per il suo
ricovero, per la sua protezione, per gli esami cui occorre sottoporla, per il
pagamento del ticket, per le visite che occorre farle…
E’ come avere un malato da assistere, spesso un
po’ lontano da casa, che non guarisce mai.
E’ come una persona anziana che lo diventa
sempre di più e che sta bene solo se le si sta vicino e la porti a “prendere
aria” (dovrei dire a “prendere onde”) il più spesso possibile.
Quindi prendere questa decisione senza aver
consultato moglie e figli è un errore madornale.
Attenzione: “aver consultato” non significa
averne chiesto il parere…
Finché ci si limita far vedere alla famiglia
quanto sia bello dare fondo all’ ancora (ciòf) al tramonto del sole (sigh) e
poi tuffarsi (splash) prima di bere un aperitivo (tling), la risposta non potrà
essere altro che “Oh, sì !”
“Aver consultato” invece significa aver fatto
provare a tutta la famiglia quanto sia freddo, inospitale, traumatico, e a
volte sgradevolissimo il navigare col mare di prua che ti lava di spruzzi, o
rollando col mare al giardinetto che ti ubriaca di vomito, o cucinare nel
vapore sottocoperta con la pioggia che batte, o non sapere quando si arriva
perché il motore non va più, o curare l’ alluce di vostro figlio mezzo
stritolato nelle maglie della catena dell’ ancora mentre l’ altro vi dice
“allora quando è pronto che ho fame?”, o ripulire la pompa della doccia
intasata dai capelli di vostra moglie mentre vostra figlia che si vergogna è
tutta insaponata, o maledire la volta che si è comperato il nuovo tablet perché
se ne sta andando a fondo laddove le carte indicano un fondale di 650 m, ecc.
ecc. ecc…..
Ecco, credo che una buona settimana a bordo di
una barca a noleggio con la famiglia per vagliare le opinioni di tutti possa
aiutare a superare il punto numero 1, altrimenti il risultato sarà uno solo:
dopo un anno in cui avrete provato a uscire due volte da solo metterete un bel
cartello sulla vostra barca con scritto “vendesi” seguito dal vostro numero di
telefono.
Punto numero 2.
Questo è un punto un po’ più tecnico.
C’è chi (beato lui, ma fino a un certo punto)
comincia la vita di armatore comperandosi un cabinato a vela da 14 metri, un
“Pigafett 47 Extra Large” (oggi va di moda così, appena al di sotto del pagamento
della tassa di proprietà); nessuno glielo vieta.
Poi comincia a lamentarsi perché la barca “non
cammina sotto vela”, oppure perché “è poco sensibile al timone”…(l’ ha letto in
una prova nella rivista nautica che ha appena comperato).
Durante le uscite domenicali comincia ad essere
superato da barche più piccole, finché si stufa e inizia a navigare solo a
motore “perché non c’è mai abbastanza vento”.
Alla fine della stagione sentenzia che il suo
“Pigafett 47 Extra Large” è una pessima barca a vela.
Ecco…io non penso che Valentino Rossi sia
salito su una moto G.P. senza prima aver imparato ad andare in bicicletta, così
come non credo che Enzo Maiorca sia sceso dove è sceso senza prima aver
imparato a respirare.
Insomma, mi pare di aver detto tutto…
La sensibilità alla barra e alla regolazione
dell’ unica scotta dell’ unica vela che un Optimist è in grado di offrire è
impagabile, anche se si è adulti.
Non trovo le parole per definirla, ma so che è
essenziale.
In questo modo anche un cabinato da crociera di
47 piedi e 15 tonnellate si muoverà, virerà, risalirà la brezza, la scenderà e
offrirà al suo armatore le emozioni che gli varranno la caratteristica di
essere “una barca che si muove col vento”, un vero “Pigafett ecc.ecc.”
Veniamo al punto numero 3: partire per la
crociera con una “grande tirata” il primo giorno.
Il tempo, il tempo a disposizione per la
crociera….
E’ quella cosa che ti fa fare mille calcoli e
progetti insieme alla famiglia e agli amici per programmare le ferie, gli
appuntamenti, le partenze, gli arrivi; cosicché il discorso si chiude con la
celebre frase: “Per farci stare tutto, sabato dobbiamo partire alle 5 e
arrivare alle 21”.
“Oh sì, una bella tirata il primo giorno, e poi
ci godiamo il resto della crociera !”
“Si, sì, vedrai che anche Carla e Alice sono d’
accordo…i ragazzi poi non ne parliamo…non vedono l’ ora !”
Sì, sì, tutto bello, ma...…Hai mai pensato come
arrivi dopo 16 ore di mare sotto il sole e con le onde che ti fanno
continuamente cercare l’ equilibrio dopo un anno che te ne sei stato in ufficio
o a casa tua col pavimento fermo sotto i tuoi piedi ?
Il giorno dopo quasi nessuno (diciamo pure
nessuno) vorrà ripartire: qualcuno si sveglierà presto perché non è riuscito a
chiudere occhio (la cuccetta era stretta, i piedi uscivano, c’ era caldo, poi
c’ era freddo, poi tutto scricchiolava e il vicino di barca aveva acceso il
motore alle 5…), qualcun altro non si sveglierà prima delle 11.30, qualcun
altro ancora con le borse sotto gli occhi e un terribile mal di testa vorrà già
tornare a casa.
Il fatto è che navigare richiede allenamento,
né più né meno di una partita di calcio o di una corsa in bicicletta.
Il nostro corpo non accetta violenti
cambiamenti di assetto: li sopporta, ma non repentinamente.
Ci vuole un certo tempo, che viene chiamato
“piede marino”.
Non so cosa c’ entri il piede, però i muscoli
delle gambe, quelli delle braccia, la schiena, la vista collegata con l’
equilibrio e lo stomaco, l’ udito e il sonno non sono un computer che conosce
solo il codice binario, l’ 1 e lo 0, l’ acceso e lo spento…
Sono piuttosto un marchingegno complicatissimo
e sensibilissimo che richiede di affrontare il nuovo ambiente con moderazione:
durante la prima giornata di crociera navigare per 5-6 ore è già moltissimo,
tenendo conto del fatto che non tutti riusciranno comunque a dormire la prima
notte.
E’ sufficiente che il giorno dopo uno solo dei
membri dell’ equipaggio non abbia più voglia di partire che l’ atmosfera della
crociera (che dovrebbe essere spensierata) si è già guastata.
Così come si guasta l’ umore di chi (e sono la
maggior parte) compera un cabinato a motore planante per andare in crociera:
siamo così al punto numero 4.
Gli scafi plananti, si sa, consumano moltissimo
rispetto a quelli dislocanti e, per navigare con un minimo di comfort (rumore e
vibrazioni a parte), hanno bisogno del mare piatto o quasi…
Il mare piatto o quasi è indispensabile per
mantenere velocità e assetto corretti e quindi per ottimizzare consumi e
prestazioni; il mare piatto o quasi ci sarà quasi sicuramente alla partenza,
però non è detto che ci sia per i restanti giorni, né tantomeno per il giorno
previsto per il rientro.
Oltre a ciò negli scafi a motore plananti le
potenze installate richiedono spazio: la sala macchine grosso modo occupa 1/3
dell’ area in pianta dello scafo (alle volte anche di più): questo è tutto
volume di bordo non fruibile per gli alloggi; significa che l’ abitabilità di
un cabinato a motore planante di 12-13 m è circa paragonabile a quella di un
cabinato a motore dislocante di 10 m, con tutto l’ ovvio esborso in più di
costi di acquisto e di posto barca che ne deriva…
Certo uno scafo dislocante va più piano:
navigare a 8 nodi invece che a 24 significa impiegare 9 ore invece che 3.
Però si può navigare anche con le onde, si può
assaporare il fatto di buttar via l’ orologio e godere della crociera nella sua
vera essenza di spensieratezza, ma soprattutto ci si trova col portafoglio ben
più pieno….Su uno scafo dislocante di 10 m in genere è installato un propulsore
da 40-50 CV, su uno scafo planante di 12-13 m in genere sono installati due
propulsori da almeno 250 CV.
Insomma planare può essere entusiasmante per
coloro cui piace, ma mi permetto di suggerire che sia limitato alle brevi
uscite giornaliere e non alla crociera.
Come a chi cerca le emozioni forti in barca a
vela è consigliabile una bella deriva acrobatica o un catamarano piccolo e
leggero (la leggerezza deve essere la caratteristica principale di un
catamarano, sennò è meglio guidare un trattore), così a chi cerca le emozioni
di una planata a manetta è consigliabile un piccolo scafo scoperto con una
vistosa dotazione di cavalli, magari sistemati fuori-bordo.
Dotazione di cavalli che comunque ha bisogno di
essere raffreddata, come le leggi della termodinamica insegnano; pertanto il
relativo impianto di raffreddamento deve funzionare.
Veniamo così al punto numero 5.
Le giranti delle pompe di raffreddamento dei
motori, grandi o piccole che siano, mi hanno sempre fatto un sacco di pena!
Sono fatte da una serie di palette di gomma
fissate al cilindro centrale che è solidale all’ albero della pompa.
Il corpo della pompa sul quale strisciano non
ha lo stesso raggio: in un punto il raggio si riduce e su di esso le pale per
poter ruotare devono piegarsi e creare così una differenza di pressione che
spinge l’ acqua nel circuito.
Tutto bene, se le pale ruotassero sempre o se
ruotassero spesso.
Ma immaginate a ciò che ”pensano” le pale poco
prima dello spegnimento del motore…Mi pare di sentirle: “Signore, fa che non
tocchi a me, fa che non tocchi a me !”
Il fatto è che a un paio di pale capita di
fermarsi proprio nella posizione piegata e magari di starci per tre o quattro
mesi d’ inverno (o anche qualche anno, se il proprietario della barca non ci va
più).
Povere palette, condannate al mal di schiena
per periodi così lunghi !
Poi, un bel giorno di primavera, ecco che l’
armatore sale a bordo ed esse sono obbligate a ripartire e a fare il loro
dovere.
Ora provate voi a stare quattro mesi piegati in
due e poi d’ improvviso, una bella mattina, pretendere di rizzarvi e piegarvi
istantaneamente per una decina di volte al secondo.
Voglio vedere se dopo un attimo non vi si
spezza la schiena !
E’ proprio quel che succede alla girante di
gomma, perché anche la gomma ha i suoi limiti.
Poiché di tutti gli accessori di un motore
marino questo è forse quello che si usura più spesso e poiché le sue misure
sono molto diverse da una pompa ad un’ altra, ecco che è indispensabile avere a
bordo una girante “giovane” di ricambio ed è altrettanto indispensabile avere
gli attrezzi ed essere in grado di effettuarne la sostituzione in navigazione.
Mi pare superfluo sottolineare come si fa a
scoprire che la girante si è “rotta la schiena”, comunque lo dico lo stesso.
Occorre procedere in questo modo: si accosta l’
orecchio al tubo di scarico del motore e si sta in ascolto: se ogni tanto,
oltre al borbottio del diesel, si sente “ahi”, “ahi” è giunto il momento di
sostituire la girante.
Se invece si sente “tutt’ apposto”, “tutt’
apposto”, si può procedere tranquillamente nella navigazione.
Se non sentite alcunché, consiglio una visita
audiometrica.
Buone navigazioni, e abbiate compassione per le
palette delle giranti !