ARTICOLI E CHIACCHIERE COSE TRA NOI
FEBBRAIO 2022

PARLIAMO ANCORA DI BARCHE

Per la verità questo mese, trattandosi del sedicesimo compleanno di questo sito, pensavo di chiudere baracca e burattini: avevo intenzione infatti che questo fosse l’ ultimo articolo (per il quale avrei già preparato il testo da qualche tempo).
Poi, lo scorso ottobre, un mio amico mi ha mandato un filmato dall’ ultima edizione della Barcolana che mi ha ricordato alcune cose già scritte, ma alle quali desidero aggiungerne di nuove…

In fondo all’ articoletto del maggio 2009 avevo citato il mitico Carlo Sciarrelli a proposito della evoluzione delle forme degli scafi, dandogli pienamente ragione; se avete pazienza tornate a rileggerlo, ci capiremo meglio su quanto scriverò oltre.

Nella storia recente dello yachting (in generale) è successo un fatto strano, così invece di guardare di quanti wc è dotata la barca, per una volta vi invito a guardare le opere vive degli scafi a vela e a guardarle con occhio critico.
Tanti anni fa, ai tempi delle navi a vela, i timoni erano piccolissimi in relazione alla lunghezza e al dislocamento degli scafi; ciò era dovuto al fatto che le linee d’acqua erano molto simmetriche tra prua e poppa, i dislocamenti erano elevati e, insomma, gli scafi avevano un grande stabilità di rotta... in pratica “dove li mettevi stavano”.
Poi, con gli scafi IOR (e poi con gli ULDB) è iniziata la corsa al dislocamento leggero e a disegnare prue sottili e poppe più pronunciate.
Il risultato è che gli scafi, inclinandosi, non erano più equilibrati e tendevano all’ orza, cosicché le pale dei timoni furono realizzate con un considerevole aumento di superficie e profondità, in una parola con molta più portanza.
Fin qui tutto bene, ma in questi ultimi anni la corsa al dislocamento leggero si è fatta incredibilmente pressante, sfornando rapporti tra dislocamento e lunghezza dell’ordine di 0.25 tonn/m ed anche meno, con larghezze di poppa quasi uguali alle larghezze del baglio massimo; gli scafi sono diventati una specie di “leggerissimi ferri da stiro rovesciati” con la deriva al posto del manico.
Ciò ha permesso di raggiungere velocità elevatissime in regime di planata e pertanto c’è stata la corsa a dotare lo scafo non più di una grande timone, ma di due timoni molto piccoli.
Il che funziona bene finché lo scafo resta dritto, ma nel momento in cui si esso si inclina la tendenza all’ orza viene amplificata; dei due timoni uno è fuori dell’ acqua e l’ altro non ha più la portanza sufficiente a mantenere la rotta....perchè è troppo piccolo.

Questa tendenza si sta sviluppando ahimè anche negli scafi "da crociera" portando a delle esasperazioni a parere mio  di dubbia efficacia...

Ora vi propongo questo breve filmato, girato appunto dal mio amico, per poi commentarlo insieme.
Come appare evidente alla Barcolana del 2021 soffiava il classico borino mattutino; non particolarmente intenso ma, come è suo modo di fare, alquanto rafficato: la bora lì è decisamente catabatica, scendendo dalle alture del Carso e incuneandosi nel vallone di Muggia.
Queste cose chi affronti la Barcolana la prima volta può non conoscerle, ma chi ci naviga di abitudine le sa perfettamente.

(CONSIDERAZIONE TRA PARENTESI: agli albori della Barcolana le prestazioni delle barche erano molto più vicine tra loro; potevano esserci variazioni di velocità di qualche nodo o mezzo nodo, non certo di decine di nodi come è oggi. Proviamo ad immaginare cosa potrebbe succedere in una gara di veicoli a due ruote molto particolare, come per esempio se nel circuito di Imola gareggiassero insieme un numero enorme di ciclomotori e bici elettriche e qualche moto da G.P….Un bel caos, con qualche serio problema, credo).

Diamo ora una occhiata al filmato...istruttivo.

ISTRUTTIVO

C’è un gruppetto di barche con velatura ridotta: il mio amico che sta filmando è a bordo di una barca col genoa completamente arrotolato.

 

Più avanti c’è una piccola barca con randa terzarolata (A) che si trova in difficoltà con la vela di prua: forse si è rotto qualche garroccio o si sono accorti che il genoa era troppo leggero; infatti sta cercando di sventarlo andando vistosamente all’ orza. 

 

Sopravento c’è un’ altra barca (C) che comunque procede sulla sua rotta.
Su questo gruppetto arriva come un missile, evidentemente perché partita in ritardo, una barca di gran lunga più performante (B) che è completamente invelata con fiocco che porta e randa quasi del tutto sventata....e che è ornata da una frizzante pubblicità vitivinicola.

Pare che il suo timoniere abbia per un po’ l’ incertezza se passare sopra o sottovento alla barchetta (A) che sta orzando vistosamente... Probabilmente decide per passarle sottovento cercando di poggiare, ma lo scafo non glielo consente; con pochi gradi di sbandamento è già fuori equilibrio ed è già improntato alla straorzata… Non può fare altro che assecondare la tendenza all’ orza della sua barca, decidendo di passare sopravvento ad (A).

 

Straorzata che puntualmente avviene pochi secondi dopo l’ urto con la barchetta (A).
Nell’ urto la barca (A) viene letteralmente sbattuta giù e la barca (B) subisce un taglio alla balumina della randa provocato dalla testa dell’ albero di (A).
La straorzata di (B), poco dopo, avviene praticamente solo con la vela di prua che porta: vale a dire che a mandare fuori equilibrio lo scafo sono state sufficienti solo la pressione della vela a prua e un residua portanza dell’ albero.

La cosa credo nauticamente più bella ed interessante da vedersi è l’ assoluto equilibrio della barca (D), totalmente invelata e con le vele che portano.

Orbene, nell’ abbordo per fortuna pare che nessuno sia caduto in mare, né che abbia subito contusioni.
Di chi le colpe?
La barca (A) sotto raffica poteva guardarsi alle spalle per notare l’ arrivo della barca (B)?  Forse, ma cosa avrebbe potuto fare?
Ripoggiare per tirarsi via da lì, senza però aver alcun elemento per conoscere le intenzioni del timoniere di (B).
E cosa poteva fare il timoniere di (B)?
Forse poteva decidere un po’ prima dove passare (A), se sopra o sotto, senza contare il fatto però che un po’ più sopravento avrebbe dovuto fare i conti con la presenza di (C) e avrebbe potuto scegliere liberamente tale manovra solo se il suo timone non fosse già in stallo…
Del resto se sentiva già che lo scafo non voleva saperne di poggiare, l’ unica cosa che poteva fare era di assecondarlo nell’ orzata.
Avrebbe forse potuto lasciare la barca straorzare ben prima del contatto con (A)? 

Sì, ma sarebbe stato peggio: si sarebbe trovato a non governare avendo sulla prua proprio la barca (C), che probabilmente avrebbe speronato.

Credo che Sciarrelli concluderebbe dicendo che il progettista di (B) non ha creato uno scafo adatto alla bora mattutina di Trieste e che il suo skipper, conoscendo di quale piede la barca andava zoppa, avrebbe dovuto ridurre molto prima la superficie della randa troppo "frizzante".
Ma lo scopo di una regata è correre forte, no?
Questa “Coppa d’ Autunno”, essendo una regata, impone di correre forte tra mille ostacoli imprevedibili…
Ma non è come correre in oceano, dove intorno a te non c’è nulla !
Correre in Barcolana con una barca veloce è più o meno proprio come avere una moto da G.P. e doversi divincolare tra i ciclomotori e le bici elettriche che sono partite con te o addirittura prima di te.

Ecco, mi dispiace, ma la responsabilità non può essere solo dei progettisti delle barche e dei loro timonieri o skipper; una parte di responsabilità è da attribuire anche a chi organizza tale manifestazione.
Un conto è dare una unica partenza a barche monotipo o di caratteristiche simili per dislocamento, dimensioni e velocità, un conto invece è dare una unica partenza a tutti, laddove barche da 3 tonnellate, 8 metri e 4 nodi di velocità si trovano a poter essere di ostacolo a barche di 4 tonnellate, 20 metri e 15 nodi di velocità.
Non è per nulla una cosa trascurabile…la quantità di moto di una barca del genere è di circa 32000 Kgm/s, paragonabile a quella di un’ auto che vada a sbattere contro un muro a 120 km/h !
Ebbene, si vuole offrire lo spettacolo di millecinquecento barche a vela che navigano insieme nel golfo di Trieste ?
Allora si faccia come nelle gare ciclistiche o di sci di fondo aperte a tutti: si creino settori di partenze diversi, con i più veloci a partire per primi, e le mezze cartucce via via a partire nelle griglie successive.
Sennò, prima o poi, trattandosi di masse di tonnellate e quantità di moto di decine di migliaia di Kilogrammi x m/s ci scappa il ferito o il morto.

Non è una questione di essere mengramo o meno, è una questione di fisica.

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