Credo che la parola “libertà” ultimamente
sia la più usata ed insieme la più abusata; è che in questo ultimo biennio i
rapporti tra persone e quelli tra le persone e le istituzioni stanno cambiando
drasticamente e parole come “rispetto”, “comprensione”, “obbedienza”,
“responsabilità”, “libertà” stanno evolvendo verso una mistificazione del loro
significato.
La più importante credo sia proprio la
libertà.
La libertà tutto può essere meno che un
concetto negativo, pertanto se sono convinto che fare una azione sia
manifestare la libertà, non posso condannare l’ azione opposta come manifestazione
di non libertà.
Se scelgo di andare al mare posso dire che
ciò mi fa sentire libero.
Ma anche chi sceglie di andare in montagna
può dire la stessa cosa.
Ciò che non posso dire, se ho scelto di
andare al mare, è che chi ha scelto di andare in montagna non sia libero, e non
posso nemmeno condannarlo ed emarginarlo per questo.
Invece succede sempre più spesso e purtroppo
non solo politicamente con cortei e manifestazioni più o meno violente in nome
del “proprio concetto di libertà”, ma anche socialmente con atti di
emarginazione all’ interno di ospedali, stazioni, asili, famiglie….Grazie alle
recenti decisioni governative, accanto alla riduzione dei ricoverati nei
reparti di terapia intensiva è nato il “razzismo familiare” tra parenti e
amici.
Si è confuso infatti il concetto di
libertà con quello di giustizia: un fatto sconvolgente, poiché si è convinti di
aver fatto la scelta giusta e quindi si è convinti di sapere cosa sia la
libertà, gli altri no.
Ma la certezza di aver fatto la scelta
giusta chi la garantisce?
Oggi nessuno, nemmeno gli esperti più
accreditati.
Ma per fortuna noi diamo un altro peso al
concetto di libertà.
Noi che navighiamo sappiamo cosa
significhi salire a bordo e mollare gli ormeggi.
Noi sappiamo che questa libertà è tutta
nostra e non fa male a nessuno.
Non lede altri interessi.
Non ha alcun conflitto di interesse.
E’ sincera.
Non manipola dati per fare tornare i
conti.
Non ha visioni univoche per obbedire a
qualcuno.
Proprio non ha visioni.
E’ pura, come deve essere.
Ci fa bene, perché ci pone spiritualmente
nella condizione di amare gli altri.
Non è diabolica, perché “diaballo” significa
dividere, e con quante forme di diabolicità siamo ormai abituati a convivere!
Non vi è mai successo di salire in barca,
dico semplicemente salirci sopra, e di sentirvi già liberi sulla vostra isola?
E vi è mai successo di entravi dentro,
sottocoperta, e di sentirvi accolti in un nido?
E avete mai accarezzato una cornice che
avevate verniciato l’ anno prima?
Avete mai sorriso rileggendo qualche frase
nel giornale di bordo?
E soprattutto, avete mai scoperto quanto
belle siano queste cose allorquando le gustate da soli?
Vi è mai successo di sentire come queste
cose vi aiutino a fare un piccolo bilancio della vostra vita e a gioirne?
Beh, se vi è successo capirete quanto
importante e bello sia stato avere una barca; non ha alcuna importanza se è
vecchia o nuova, né se è lunga o corta.
Capirete quale scrigno di libertà essa
abbia rappresentato e rappresenti per voi, perché alle volte si è convinti che
la libertà abbia bisogno di spazi sconfinati per esprimersi, dimenticando che
essa nasce dentro di noi e non fuori.
Non sono infatti le norme che limitano la
libertà; ciò vale per il corpo, per i suoi spostamenti, per i suoi contatti.
La libertà vera è quella dello spirito,
sul quale le norme non hanno nessun potere, nemmeno il tempo e lo spazio….
E nemmeno la paura ce l’ha quel potere: la
paura colpisce il corpo e insieme i sentimenti, che la possono trasformare in
rabbia, annichilimento, terrore, spavalderia, incoscienza…ma lo spirito vola
oltre la paura.
Dove andiamo, dove stiamo, con chi e
quando, come ci emozioniamo sono tutte azioni che possono essere normate (e
spiate), ma a cosa aneliamo e cosa sogniamo no.
In questi anni ho scritto abbastanza sulla
figura dello skipper (che tutti noi in qualche modo incarniamo): ne ho scritto
in termini talvolta umoristici negli articoli intitolati “Sul comandante dell’
unità da diporto - Dicembre 2015”, “Il diportista ideale - Settembre 2018” e “I
tipi di barche - Novembre 2020”.
Tuttavia anche verso certe esagerazioni nel
carattere dobbiamo avere sempre un atteggiamento di rispetto della libertà
altrui.
Anche quel nostro vicino di ormeggio che
non esce mai in mare e che passa le sue ore nel fare bricolage a bordo, merita
rispetto: ci sta insegnando che la manutenzione anche maniacale è importante.
Come quell’ altro nostro vicino di
ormeggio che ospita a bordo sempre un sacco di amici o familiari in un turbinio
di andirivieni, di risate, di schiamazzi, di contraddizioni, merita rispetto:
ci sta insegnando che la condivisione di un bene con gli altri è importante.
Quindi andar per mare nel modo migliore
possibile è riuscire a costruirsi un “minestrone di personalità”: bisogna imparare
dalle esagerazioni degli altri per farne tesoro per se’, perché andar per mare
è “tener conto di tutto”.
Persino lo Stato, quando istruisce negli
anni un ufficiale di Marina, cerca di farne un “minestrone di esperienze”.
Tener conto di tutto è molto difficile,
infatti è ciò che i nostri politici sanno fare o non fare; è saper prevedere e,
nello stesso tempo, saper gestire l’ imprevisto.
In mare è fondamentale, forse più ancora
che nella politica: prevedere il più possibile e saper gestire ciò che non si è
riusciti a prevedere.
La troppa specializzazione costruisce
personalità aride e limitate, meglio sapere poco di tutto che molto di poco;
nella mia vita (ormai abbastanza lunga) ho notato che più uno è specializzato
in qualcosa e meno facilmente cambia idea e si adatta a situazioni nuove
(paradossalmente diventa insomma una persona meno intelligente).
Anche perché ormai, dopo millenni di
cultura e di saggezza, tutto si è inventato e assai poco risulta essere riconducibile
a una novità: ricordo la frase conclusiva del magnifico romanzo “Tifone” di
Joseph Conrad, laddove nel suo diario il comandante in seconda - dopo essersi
reso conto di che cosa la nave con tutto il suo contenuto umano aveva passato -
dice del comandante MacWhirr:
“In quanto al comandante l’ altro giorno mi ha fatto osservare: “Ci sono delle cose delle quali i libri non parlano affatto”. A me sembra che per essere uno sciocco se la sia cavata molto, molto bene.”
Già, molto ben detto: è meglio passare per
sciocchi ma portare a casa un risultato piuttosto che atteggiarsi a onniscienti
e fare figure di cacca.
Ogni riferimento a pseudo-attori
televisivi super pagati da noi contribuenti e travestiti da epidemiologi che
hanno fatto figure di cacca è puramente casuale…
Il mese prossimo, complice la proposta di
Andrea Astori, parleremo di spessori di fasciame…sempreché oggigiorno si possa
ancora parlare di fasciame.
P.S. A fine inverno vi trovate ad avere a
che fare con il velo di smog e di verde che trovate sotto le cime adagiate in
coperta?
Sono il frutto della mancanza di
dilavamento e soprattutto di insolazione lungo il contatto delle cime con la
coperta, soprattutto laddove il clima è piuttosto umido.
Ebbene, in autunno è sufficiente tenere sollevate
le cime dalla coperta, sospendendole in qualche modo… oppure togliendole ed
appendendole all’ albero.
Basta pensarci (per tempo).