PER LUI, MA DEDICATO A
LEI
Sono sconcertato e deluso!
Da un servizio giornalistico televisivo ho appreso che ci
sono degli ingegneri (quindi dei miei colleghi) il cui lavoro consiste nel
programmare i tablet per correggere i difetti nei ritratti dei selfie; e pare che
siano pieni di lavoro...
..... !
Io mi onoro di appartenere ad una generazione di ingegneri che
sono stati istruiti (e vi assicuro con molta ma molta fatica) per progettare
case, ponti, dighe e macchine per garantire l’ incolumità delle persone
spendendo il meno possibile e senza commettere errori; quindi faccio molta
fatica a concepire un ingegnere la cui occupazione sia di modificare le rughe
sulle fotografie.
Beninteso la mia delusione non deriva dal comportamento dei
miei colleghi (anche essi, come me, fanno il meglio che possono per campare) ma dal fatto
che se hanno così tanto lavoro significa che c’è molta richiesta per le loro
prestazioni…
Ma richiesta di che ? Di apparire belli ?
Di apparire senza difetti ? Di
apparire ? E’ questo oggi ciò
che la maggior parte delle persone vuole ?
Chirurgia plastica, fiale di botulino e grasso sparate
sotto pelle, elasticizzazione della pelle a oltranza, occhiali dalle lenti
celesti, pantaloni stretti, giacche striminzite, automobili tedesche e scure,
linguaggio vuoto e semi-incomprensibile e tanta incapacità di essere ciò che si
vuole far credere di essere… Sono queste le richieste del vivere d’ oggi ?
Mi pare che le finalità in questo “modus vivendi”
perseguito nella Unione Europea (non solo qui in Italia) alla fine siano di non accettare
la vecchiaia e di non fare figli, ma per fortuna arrivano barconi e gommoni a
risvegliarci dal torpore dell’ agiatezza e dell' egoismo…e ogni tanto qualcuno di voi mi scrive.
Buongiorno Ing. Scarpa
Le scrivo perché, leggendo
fra gli articoli del suo sito, ho notato la sua disponibilità a dare consigli e
risposte a coloro che ne fanno richiesta.
Innanzitutto mi presento.
Sono Claudio Donini, ho sessant’anni vivo a Desenzano e lavoro nel Veronese.
Come quasi tutti ho, da tempo, un sogno nel cassetto. Cambiare lavoro. Da
metalmeccanico a viaggiatore. Il tempo è ormai maturo e vorrei concretizzarlo
con il migliore dei mezzi di trasporto. La barca. Avendo una moglie
decisamente poco incline alle peculiarità veliche ho pensato ad un catamarano.
E qui mi sono fermato assillato da molte domande dovute principalmente al fatto
che, in realtà, io non ho mai avuto una barca. Ho amici carissimi che la
possiedono ma di fatto, a parte le due settimane all’anno di vacanza e qualche
uscita sul lago, per me nulla più.
Ho letto con interesse
l’articolo sui catamarani nel suo sito, dove mi sembra si sia delineato un
giudizio sostanzialmente non negativo, almeno per l’uso che intenderei farne.
Ma che tipo di catamarano
scegliere? Certamente la taglia dovrà essere attorno ai 38-40 piedi ma i
costruttori sono di vario tipo. Dai più popolari ai più sofisticati con diversi
livelli di sicurezza e prestazioni ma anche di costo. C’è chi dice meglio
un’imbarcazione con qualche anno di più, ma ben fatta (Privilege, Catana…),
piuttosto che una più economica (Lagoon, Fontain, Robertson) ancorché recente.
Vorrei acquistarla usata ma da charter o da privato? Affidarsi ad un broker e
quale servizio chiedere o provare la ricerca autonoma?
Insomma mi sembrano le
classiche domande del neofita certo, ma di fatto questo sono e, ovviamente, non
vorrei sbagliare.
Nel ringraziarla
anticipatamente per i suggerimenti che vorrà darmi porgo cordiali saluti.
Claudio Donini
Quelle
poche occasioni che ho avuto di navigarci (o di vederne navigare) mi
hanno però convinto di poche ma solide argomentazioni: il
catamarano, contrariamente ai
monoscafi che per certe forme possono o addirittura devono essere
pesanti, deve essere
leggero.
Quindi
già l' idea di farne un uso crocieristico considerando gli arredi, gli
impianti, la dotazione di cabine e la cambusa necessaria, non è molto
azzeccata.
Il
catamarano può esprimere tutte le sue doti velocistiche solo se disloca poco,
cioè se nasce per la regata, oppure se naviga a motore.
Un
ulteriore problema (ma non so se questo possa esserlo anche per Claudio) è che
all' ormeggio paga circa tariffa doppia occupando quasi due posti barca e ciò
può essere anche un deterrente per una sua eventuale futura rivendibilità.
Il
grosso vantaggio è rappresentato dal fatto che praticamente non si
inclina, fatto del quale generalmente le mogli sono particolarmente sensibili....
E
qui veniamo al tema di questo mese.
Come ho scritto altre volte, prima di dare un ordine (o
anche semplicemente di chiedere qualcosa) sarebbe saggio aver provato personalmente
ad eseguire quell’ ordine.
In moltissimi casi questo è una cosa naturale, per esempio
quando siamo bambini e ci viene chiesto (o ordinato) di sparecchiare la tavola:
così da grandi a nostra volta possiamo chiederlo ai nostri figli consci dell’
impegno piccolo o grande che questo comporti.
Un po’ la stessa cosa succede quando si tratta di far eseguire
ad altri riparazioni all’ impianto idraulico della barca, levigare lo scafo,
cambiare l’ olio al motore, ecc…difficilmente sappiamo valutare se quanto
richiestoci come compenso dall’ operatore che abbiamo incaricato sia equo
oppure si tratti di una fregatura.
Ma le cose si esasperano ancor più quando nella scena della
nostra barca compare lei, la nostra compagna, perché molto spesso la passione
per la barca ce l’ha “lui” mentre “lei” si adatta ad esserne coinvolta…
La frase precedente significa un mucchio di cose.
Principalmente si
tratta di un equivoco di base: “lui” è convinto che tutto ciò che gli piace
piaccia anche a ”lei”; avviene quindi che “lui” trova molte difficoltà a mettersi
nei panni di “lei” e che chieda di eseguire ordini o di fare attività che
magari lui stesso non ha mai provato.
Nello stesso tempo avviene anche il contrario, cioè “lei”
trova molte difficoltà a mettersi nei panni di “lui”, non comprendendo perché
alcune cose debbano essere fatte subito e senza discuterne…
Questo perché tutte le donne “amano discuterne”: la
discussione (cioè il mettere insieme frasi per dare corso ai pensieri così che
altri pensieri abbiano il tempo di formare altre frasi al solo scopo di far
perdere tempo per consolidare il fatto che è la donna ad avere ragione e che l’
uomo, pur pretendendo di averla, non ce l’ avrà mai) è il piacere più pressante
per la donna e guai se non trova sfogo.
Il reprimere la discussione può portare la donna a serie
crisi di nervi, in quanto viene a sentirsi ”incompresa”.
Del resto tutti gli uomini “amano decidere”: se fosse per
l’ uomo ogni parvenza di discussione è inutile in quanto, essendo biblicamente
lui l’ essere con il compito di agire, non può minimamente accettare che
qualche minuto della vita possa essere perso per cercare una soluzione diversa
da quella che la sua mente ha istantaneamente coniato (e che è convinto sia l’
unica giusta).
La conseguenza è presto detta: una battaglia continua fatta
di attacchi, ritirate, rinunce, pretese.
Perché occorre che lui tenga conto di
un fatto ben preciso ed oggettivo: lei tende ad essere possessiva e a
dimostrarlo attraverso una dosata gelosia; il fatto di godere del bellissimo e
naturale dono della gestazione e del parto, fa sì che la donna consideri “suo” sia
il figlio che il compagno (che agli occhi di lei resta comunque un eterno bambino,
più da sopportare che da coccolare).
La barca, quindi, oltre che come “oggetto prendisole” è
sempre vista da lei come una intrusa che per diverse ore all’ anno contribuisce
con le sue esigenze di manutenzione ad allontanare lui dalle necessità familiari.
In pratica la barca “ruba” ore di dedizione di lui alla
famiglia, la cui conduzione viene a trovarsi sempre più sulle spalle di lei... (Non
sempre ciò è vero, ma lei ne è comunque fermamente convinta).
Del resto questo è proprio ciò che lui cerca: la barca,
oltre che come oggetto per dimostrare che egli è (almeno in qualcosa) un
“comandante”, è vista come un angolo di vita privata dove poter perdersi a
giocherellare proprio come quando era bambino; la barca è come un banco da
lavoro dove immaginare, leggere, documentarsi, limare, costruire, adattare,
personalizzare.
Giocare, insomma, quindi richiede tempo e lontananza da
casa.
Poi c’è anche un altro “registro di interpretazione” ancor
più scabroso: lei ritiene che a lui la barca serva per le scappatelle amorose
(anche se lui non ci pensa nemmeno).
Anzi ciò convince lei ancora di più che la barca sia da
considerare non tanto come una amante quanto come una direttrice dell’ albergo
ad ore dove lui sfoghi le sue brame di sesso; ragione in più per odiarla !
In tale rappresentazione si comprende bene che il rapporto
tra lei e la barca (e di riflesso quello tra lui e la barca) non possa essere
sereno.
Anche se la barca può talvolta essere un piacevole appoggio
per i cuscini mentre la pelle di lei si lascia cuocere dai raggi solari (ma raramente),
ciò viene compensato negativamente dai momenti in cui pioggia, onde, spruzzi,
dondolamenti, cigolii notturni, atmosfere caldissime, brividi di freddo,
sentine sporche rendono impossibile la vita a bordo (molto più spesso).
Quel che resta quindi agli occhi di lei è solo gelosia e
talvolta anche rabbia.
Di riflesso, il rapporto tra lui e la barca può dare luogo
a dei veri e propri sensi di colpa: ogni volta che lui va in darsena a dare
aria o a pulire la sentina o a far girare il motore o ad avvitare qualche vite,
può avvertire lo stesso disagio che sentiva da bambino quando rubava la
marmellata di nascosto.
Ma non sempre vale questo ragionamento.
Nell’ articolo di marzo 2009 infatti trattai il caso della
moglie insoddisfatta del marito (pongo all’ attenzione del lettore che ora da
“lui” e “lei” sono passato a “marito” e “moglie”).
Può succedere in effetti che la moglie sia stanca, ma
proprio stanca, di avere il marito fra i piedi e che veda di buon grado il
fatto che lui se ne vada fuori casa: non è detto che si tratti di una crisi
pre-separazione; può essere semplicemente la voglia della moglie di fare le
faccende domestiche in libertà, o semplicemente di godere di un po’ di libertà
tra le pareti di casa, o di starsene un po’ alla pasticceria con le amiche
senza doverne rendere conto a nessuno.
Così, piuttosto che immaginare il proprio marito con gli
amici all’ osteria, lei acconsente di buon grado che lui vada in darsena a
pulire la barca: meglio che starsene in casa a continuare a sporcare il
pavimento !
La barca diventa allora una alleata sia per la moglie che
per il marito e può addirittura fare del bene al rapporto coniugale.
In conseguenza di quanto affermato verrebbe da suggerire un
fatto importante.
Il discernimento nel fare un matrimonio cristiano (con la
consapevole presenza Dio in mezzo alla coppia e quindi con una celebrazione in
chiesa) potrebbe ragionevolmente essere considerato una conquista alla quale arrivare dopo anni di matrimonio
civile o di convivenza; così l’ acquisto di una barca (con la consapevolezza di
vederla non come una rivale ma come una alleata) potrebbe vantaggiosamente essere una conquista alla
quale arrivare dopo anni di studio e di tolleranza di coppia.
Domanda: è bene sposarsi in chiesa solo quando si sia
sicuri che l’ innamoramento sia passato ma il legame resti comunque forte
perché basato su altre qualità, così da non pensare mai più ad un eventuale
divorzio ?
Domanda: è bene comperare la barca solo quando si sia sicuri
che le gelosie siano sfumate ma la condivisione della vita sul mare sia forte e
autentica, così da considerare la barca non più come strumento di separazione
della coppia ?
E ancora: le domande che precedono possono essere interpretate come
dei saggi consigli o sono delle boiate pazzesche ?
Mah,
io non so proprio rispondere se non per il fatto che, alla fine, tutto va bene
purché sia comunque condiviso.
Se
comunque si vuole raggiungere un risultato accettabile di condivisione, questa
deve passare attraverso la conoscenza reciproca.
Ma per conoscersi occorre
tempo... a volte molto, molto tempo.
A
volte ci si comincia a conoscere quando i figli sono ormai diventati grandi.
Quando
l’ interesse a percorrere miglia diventa molto più relativo.
Quando
il calore estremo dei raggi estivi diventa un dolce tepore.
Quando
scavalcare le draglie diventa un impegno che fa serrare le labbra per lo
sforzo.
Quando
non si riesce più a star dietro alle terminologie fantasiose delle nuove
tecnologie.
Quando
le ginocchia scricchiolano per accucciarsi a raccogliere una vite.
Quando
il sacco delle vele diventa un elefante quasi ingestibile.
Quando
il berretto di lana diventa un accessorio indispensabile.
Quando
un bicchiere di vino con due arachidi salate preso in pozzetto ti ricorda….…Sì,
insomma, ci si comincia a conoscere quando i ricordi superano il presente !
Ecco,
questo può esser il momento giusto per fare il passo.
Allora
non è una follia, ma può essere il completamento di un arco, come se si cercasse
la fine di un arcobaleno.
sennò il mio amico Nicola mi dice che non sono più un ingegnere.