Sono andato
in cerca di una conferma della mia ormai scarsa memoria in una vecchia
antologia della letteratura Italiano del liceo…
…E infatti l’
ho trovata: è una delle più belle e difficili poesie di Eugenio Montale: LA CASA DEI DOGANIERI.
Non voglio
trasformare un sito dedicato alla nautica da diporto in un salotto letterario,
ma consentitemi : quando una cosa è bella è bella !
Vi prego,
tra una riga e l’ altra socchiudete gli occhi mentre rileggete :
sul rialzo
a strapiombo della scogliera…
v’ entrò lo
sciame dei tuoi pensieri….
libeccio
sferza da anni le vecchie mura…
e il
calcolo dei dadi più non torna…
un filo s’
addipana…ne tengo ancora un capo…
oh l’
orizzonte in fuga…
il varco è
qui ?
ed io non
so chi va e chi resta….
Un merletto di emozioni, di pensieri e di paesaggi racchiuso in
una fragrante conchiglia di versi.
Come mai
questo mio ricordo liceale, che ai patiti della fibra di carbonio,
dei carichi di rottura e dell' osmosi sembrerà del tutto fuori
luogo ?
Il tutto
risale ai primi giorni del mese di luglio 2012, la scorsa estate insomma, in cui
ho legato ancora una volta Siddharta a un gavitello alle Unije.
Di Unije ho
già parlato nell’ articolo di marzo
Allora - ricordo - definii le Unije “un piccolo sogno, un respiro delicato,
una nuvola senza tempo”.
Scusatemi
se ora ci torno sopra ma quando un luogo ti colpisce in modo particolare, ecco
che esso resta nei tuoi occhi e nel tuo cuore.
E così è
per Unije e per la passeggiata che dal molo del paesino si protende verso NW.
E’ una
passeggiata assai breve ma molto intensa : inizia lasciandosi alle spalle la modesta
animazione che regna alla radice del molo, che di fatto ha le funzioni della piazza del
paese, e continua procedendo lungo un sentiero tracciato tra i cortili delle case che si
affacciano sul mare sulla destra e totalmente aperto verso l’ infinito dell’ orizzonte sulla sinistra.
La costa
non è molto alta, la scogliera infatti è tre-quattro metri sul mare, ma è
sufficiente per far frangere le onde del Quarnaro e per dominare l’ orizzonte.
Ad un certo
punto tra le case ne spiccano due di particolari.
Una è semi
nascosta da un olivo che troneggia in mezzo al cortile con i rami tenuti su da molti
sostegni artigianali, mentre il cortile dell’ altra è ornato da una pianta che
sembra una gigantesca fontana verde: è il famoso “fighér” (fico) di settant’
anni di età che io ho voluto ricordare citandolo (forse non proprio a proposito)
quando inventai i personaggi della Mirella e del comandante Kolemancic in un
raccontino che ho pubblicato nel giugno 2012.
Il fico
settantenne invece esiste veramente e fa una magnifica mostra di se' proprio in riva al mare.
Quante
mamme, nonne e bimbi avranno giocato sotto di esso, quante
chiacchiere e quanti tramonti si saranno stemperati tra i suoi rami, quanti
pensieri avranno volteggiato sulla sua cima fino a volar via.
Lasciato il
grande albero, dopo un brevissimo tratto il sentiero si stringe tra un muretto
a destra e l’ unica casa che si erge a sinistra, costruita direttamente sul
mare.
E’ una casa
in pietra con una struttura talmente semplice che pare un monolite completamente
circondato dal vento e sospeso sulle onde.
E’ questa la
casa che mi ha fatto tornare alla mente la poesia di Montale; per me è la
materializzazione della “Casa dei Doganieri".
Dietro vi
tramonta inesorabilmente il sole e sotto vi giocano continuamente le onde.
E’ il posto
deve vorrei lasciare questo mondo, è il posto dove riesco a ricordare solo i piaceri della vita che ho
vissuto.
Lì
viaggiano i miei pensieri durante l’ inverno, lì mi rifugio nelle pause del
lavoro, lì sostano i miei desideri.
E’ la casa
dove “ripullula il frangente ancora sulla balza che scoscende”.
E' un piccolo-grande monumento.
E’ la casa
dove posso ricordare che è entrato il mio amore, con
tutto lo sciame dei suoi pensieri.
Con quell’
amore ho fatto una famiglia, ho giocato, ho vissuto; ma ora la vecchiaia
porta a dimenticare: tu non ricordi, tu non ricordi, altro tempo frastorna la
tua memoria.
I ricordi perdono di importanza, perchè sta per
arrivare il momento, quel momento.
Il filo della vita si è quasi tutto svolto
eppure ne tengo ancora un capo in mano, ma quando quel momento arriverà il varco sarà
lì; il varco è proprio lì in quella casa : è la casa
di questa mia sera.
Allora e
solo allora, quando passerò quel varco che tutti prima o poi dovremo
attraversare, quando giungerà la sera della mia vita proprio non avrà alcuna
importanza sapere chi va e chi resta.
Struggente
malinconia ?
No,
io lo leggo semplicemente come un felice e dolcissimo epilogo.
Ma la
passeggiata di Unije non finisce qui.
A beneficio di coloro che sono meno malinconici e più romantici, un po’ più
avanti - passata la Casa dei Doganieri - spunta in alto sulla destra in mezzo a un vero
e proprio giardino mediterraneo un abbaino : è la Pensione Unijana, un
albergo graziosissimo letteralmente appoggiato in un paesaggio grandioso.
Appena più avanti
il sentiero sale leggermente e diventa un più stretto e selvaggio, tant’ è che in
breve ci si trova immersi tra agavi, rosmarini e mirti.
E’ la parte
più solitaria e romantica della passeggiata, dove diventa piacevolissimo
sedersi e godere dello scendere del sole sull’ orizzonte sconfinato del
Quarnaro.
Se ci sediamo è l' infinito
leopardiano che ci sorprende e ci tiene incollati lì sopra il
mare, mentre le foglie delle agavi incorniciano il tramonto e
i profumi delle erbe incensano l’ aria…“E il
naufragar m’ è dolce in questo
mare”.
Ebbene,
per
arrivare fin qui non avete fatto il giro del mondo con la vostra barca,
né avete preso aerei e perso coincidenze, né
avete percorso eterne piste sconnesse; non avete nemmeno dovuto
raggiungere le famigerate “isole distantissime”,
perchè vi trovate a circa 90 miglia da un qualsiasi porto dell'
alto Adriatico
Ora che vi siete riempiti gli occhi e il cuore di luci e
profumi incantevoli è tempo di tornare al molo, dove in una
delle due Konobe troverete birra e
calamari alla griglia con un po’ di verdure cotte e potrete
cenare con circa 14
euro.
Sì, godetevi
la cena e dimenticate le struggenti malinconie e i dolcissimi epiloghi.
Dopo aver dato soddisfazione anche allo stomaco diventa più facile unificare
la morte alla vita, pensandole un tutt’ uno.
Siamo troppo abituati a considerare vita e morte come contrasto continuo ed eterno tra un fatto positivo e uno
negativo, come esistenza e assenza, come piacere e
maledizione.
Invece penso che sia più facile considerarle come un unico
filo conduttore, ricco di eventi e di pensieri, di emozioni e di sentimenti; un
grande cerchio,
un pacifico
mulinello che ci ha preso dal ventre della nostra madre (e
chissà dove eravamo
prima) e ci ha abbracciato facendoci godere e soffrire per un po’
di anni, pochi se paragonati al tutto, e che poi ci deposita lievemente
su una spiaggia
che ancora non abbiamo avvistato (e chissà quali sorprese ci
serberà).